INSEGNAMENTO CELLULE N°08

    Io sono il buon pastore (Gv. 10,11-18)

Carissimi/e,

anche questa volta leggiamo insieme il vangelo della domenica, quella appena passata, la quarta di Pasqua.  Gli evangeli delle scorse domeniche, ci hanno aiutato cogliere come noi incontriamo oggi Gesù Risorto, quali sono i segni e le modalità della sua presenza. Dalla quarta domenica in avanti i vangeli ci aiutano a comprendere quale relazione c’è tra noi ed il Cristo Risorto, comprensione davvero importante che sempre deve crescere e che rappresenta la parte più profonda del nostro essere cristiani, cioè di Cristo. L’esperienza spirituale che noi abbiamo, soprattutto le esperienze dei Santi ci aiutano comprendere sempre più in profondità la relazione a cui siamo invitati a vivere tra noi e Gesù.Prendiamo allora il testo e leggiamolo attentamente.

                       “Io sono il buon pastore …..” (V. 11). Da R. Cantalamessa. “L’immagine di Cristo buon pastore conquistò il cuore dei cristiani. Con essa Cristo fece l’ingresso nell’arte. Le più antiche rappresentazione di Lui nelle catacombe e nei sarcofagi, lo ritraggono nelle vesti del pastore che porta sulle spalle la pecora ritrovata. Per capire l’importanza che ha nella Bibbia il tema del pastore, bisogna rifarsi alla storia. Israele fu, all’inizio, un popoli nomadi. I Beduini del deserto ci danno oggi un idea di quella che fu un tempo la vita delle tribù d’Israele.  In quella società, il rapporto tra pastore e gregge non è solo di tipo economico, basato sull’interesse. Si sviluppa un rapporto quasi personale  tra il pastore ed il gregge. Giornate e giornate passate insieme in luoghi solitari ad osservarsi, senza anima viva intorno. Il pastore finisce per conoscere tutto di ogni pecora; la pecora riconosce e distingue tra tutte le voci quella del pastore che spesso parla con le pecore. Un immagine equivalente, ma più vicina a noi, potrebbe essere quella di una mamma che al parco mentre è seduta e lavora la maglia, vigila attentamente con la coda dell’occhio sul suo bambino che gioca e corre, pronta a scattare ad ogni segnale di pericolo.  Questo spiega come mai Dio si è servito di questo simbolo per esprimere il suo rapporto con l’umanità.”  Uno dei salmi più belli, il salmo 22 descrive la sicurezza del credente perché ha Dio come pastore, dove anche  la valle più oscura, quella della sofferenza e della morte, non fa più paura perché Dio è con noi e ci conduce.

                    “Conosco le mie pecore  …..” (V. 14).    Il rapporto non è solo con il gregge nel suo insieme, ma è con ciascuna pecora, è un rapporto personale. Il termine “conoscere” nella Bibbia ha un significato  pregnante e totale, non indica solo una conoscenza intellettuale ma la totalità dell’esperienza della relazione, viene usato anche per indicare il rapporto intimo tra il marito e la moglie. Questa conoscenza descrive allora una profonda relazione di amore che Gesù ha nei nostri confronti, dove il suo sguardo anche sulle nostre miserie è sguardo di amore  che ci invita a migliorare noi stessi, a liberarci da tutto ciò che ostacola la nostra vera crescita umana e nello stesso tempo ci accoglie e ci ama come siamo. Davvero l’immagine della mamma con il suo bambino è la traduzione moderna dell’immagine usata nel testo del pastore.

Oggi essere chiamati pecore non piace, Padre Raniero  evidenzia questo concetto. “Il fatto è che l’uomo di oggi rifiuta sdegnosamente il ruolo di pecora e l’idea di gregge, ma vi è dentro in pieno. Uno dei fenomeni più evidenti della nostra società è la massificazione. Stampa, televisione, internet, si chiamano mezzi di comunicazione di massa, non solo perché informano le masse ma anche perché le formano, le creano, massificano. Senza che ce ne accorgiamo, noi ci lasciamo guidare supinamente da ogni sorta di manipolazione ed persuasione occulta” . La nostra relazione con Gesù pur richiedendo una piena disponibilità a seguirlo ci rende invece pienamente noi stessi, ci fa scorgere le possibilità reali che noi abbiamo di crescita umana e spirituale e ci fa puntare tutto su un ideale di vita che, da una parte   ci supera ampiamente e che dall’altra solo attraverso la relazione con Lui possiamo raggiungere.  In questo vangelo si parla in realtà di Gesù e del suo discepolo, si parla della relazione di sequela che cresce attraverso una relazione continua con il Maestro tutti i giorni. Una relazione che ci introduce e che ci fa partecipare della stessa relazione che c’è tra Gesù ed il Padre suo “Così come il Padre conosce me ed io conosco il Padre” (v15). Davvero è un mistero grande !

                      “Do la mia vita per le pecore  …..” (V. 15).    Gesù oltre che essere il buon pastore è il vero pastore. In questa espressione Gesù è polemico contro i capi religiosi del suo tempo che definisce “falsi”. Gesù è il nostro pastore e noi apparteniamo a Lui perché ci ama fino a dare la vita. La croce è il segno più grande di quest’amore. Gesù offre la sua vita liberamente e la offre in obbedienza al  Padre. Bruno Maggioni sottolinea come l’espressione evangelica sia paradossale ma nello stesso tempo verissima:  dare la vita liberamente ed in obbedienza al Padre. Libertà ed obbedienza al Padre coincidono. La libertà di Gesù -e la vera libertà di ogni uomo- si raggiunge  nell’obbedienza alla verità di Dio e non nel fare da se. Così come la nostra vera conoscenza è conoscersi dentro lo sguardo di Gesù, perché solo Lui ci può far accettare la povertà del nostro essere e far intravvedere la grandezza dell’amore a cui siamo chiamati.

               “Ho altre pecore che non provengono da questo recinto   …..” (V. 16). Gesù traccia la strada al suo gregge ma Lui non è rinchiuso nel cerchio del gregge che lo segue. La sua preoccupazione ed il suo amore è anche altrove, il suo sguardo è universale. Certo in questo testo c’è un riferimento ai pagani ma noi ora comprendiamo sempre meglio e vi leggiamo  un riferimento universale a tutta l’umanità. Gesù non è solo il buon pastore ed il vero pastore ma l’unico pastore che conduce alla vera vita. Gesù non è rinchiuso nell’ambito della Chiesa ma cammina per le strade di tutti gli uomini. “Anche quelle io le devo guidare” (v.16). Il compito di noi cristiani è quello di annunciare a tutti l’insegnamento di Gesù e la sua vita. Sapere  cogliere i segni della sua presenza là dove c’è vero amore oppure dove la povertà e la sofferenza sono un grido al cuore di chi conosce chi è Dio.

              Alcune domande:

–      Come vivo la mia relazione personale e comunitaria con Gesù?

–      Vedi i segni della sua presenza oltre la Chiesa?

Buona preghiera!

Don Alberto

 Cossato,  28 aprile  2015

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