Commento al Vangelo della XI Domenica del tempo ordinario

SIAMO SANI O MALATI?
Commento a cura di Wilma Chasseur

 

Oggi vediamo alcune figure peccatrici. Nella prima lettura vediamo il peccato del re Davide. Enorme peccato, al quale fa seguito l’altrettanto enorme misericordia di Dio. Davide nel suo peccato di infedeltà e di omicidio sperimenta il perdono divino, dopo essersi pentito e averlo riconosciuto con sincerità. E Dio, perdonando, si rivela veramente l’onnipotente, perché solo Lui può perdonare i peccati. Nel Vangelo vengono messi a confronto l’agire della peccatrice e quello del fariseo. Cosa deve fare l’uomo peccatore? Anzitutto riconoscere di esserlo: non c’è peggior malato di chi si crede sano e “chi non si riconosce peccatore -afferma l’evangelista Giovanni- è un mentitore”. Infatti Davide, riconoscendo con sincerità il suo peccato è stato riammesso nell’amicizia con Dio. Riconoscersi peccatori significa riconoscersi, allo stesso tempo, bisognosi di salvezza. La paura di riconoscersi peccatori, è una falsa paura perché, dice Sant’Ambrogio: “I tuoi peccati ti saranno perdonati nel momento stesso in cui ti saranno rivelati”. Rifiutare di vederli e di riconoscerli, significa rifiutare di essere perdonati. Perché nessun peccato può venire perdonato se non è stato prima riconosciuto e confessato.

  • Perché confessarsi?

Perché dobbiamo dire i nostri peccati al confessore? Semplicemente perché siano distrutti! E perché dobbiamo dirli tutti (quelli gravi naturalmente, non quelli veniali)? Perché vengano tutti distrutti. Quel peccato che non diciamo non potrà mai venire distrutto: noi non potremo mai fare come se non fosse mai stato commesso. Noi non possiamo rimetterci in comunione con Dio: è un’impossibilità assoluta, radicale: Solo Dio può ricostituire la comunione con noi, interrotta dal peccato. Se riflettiamo sui nostri poteri, vediamo che sono più negativi che positivi: l’uomo può rompere, spaccare, distruggere, ma non può dire a quelle stesse cose andate in cocci “ora ricomponetevi”. Quelle rimangono distrutte per sempre; occorre rifarne di nuove. L’uomo può addirittura distruggere la vita, la sua e quella degli altri, ma non può assolutamente ridonarla o ridarsela. È così anche per la vita di grazia: l’uomo la può solo distruggere ma non ridarsela. Per riaverla, la deve ricevere di nuovo da Dio col chiedere il perdono dei peccati. E il Signore non  aspetta altro, come vediamo in questo vangelo in cui dice alla donna: “Ti sono perdonati i tuoi peccati (…) và in pace”. Mentre il fariseo resta. E resta senza pace e con tutti i suoi peccati. Per concludere voglio proporvi questa forte invettiva di sant’Anselmo d’Aosta che illustra molto bene lo stato in cui rischiano di buttarci i peccati: lontani da Dio e con l’illusione di renderci felici:

Squallidi peccati

“Squallidi peccati, così voi mantenete le promesse!

Nell’attirare voi promettete il dolce, ma poi coprite di amaro colui che possedete.

Nel persuadere siete adulatori, ma una volta riusciti,

pungete fino alla morte dell’anima.

Nel chiamare entro la vostra fossa fate apparire facile il ritorno

per mezzo del dolore e della penitenza.

Ma quando precipitate giù qualcuno, gli piombate addosso, lo accecate,

lo rendete insensibile e gli chiudete ogni uscita.

Così il vostro disgraziato illuso prigioniero

lo fate disperare, tacere e cadere privo di sensi

come chi ha perduto e dimenticato Dio

fino a quando lo possiate vendere ai mercanti dell’inferno

che portano tutti la loro merce nel mare della morte.

Tutto questo avete fatto di me: solo che per grazia

non sono ancora stato venduto a questi mercanti”.

 

Pensiero della settimana

Perché vediamo sempre meno stelle?

Perché alziamo sempre meno gli occhi al cielo. Diceva Flaubert che se guardassimo di più le stelle, finiremmo per avere le ali. In alto i cuori, dunque! E anche gli occhi, per scoprire, all’estinguersi dell’ultima luce, l’accendersi di tante altre fiammelle.

“Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,

la luna e le stelle che tu hai fissato,

che cos’è l’uomo perché te ne ricordi,

il figlio dell’uomo perché te ne curi?” SALMO 8

WILMA CHASSEUR

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