Insegnamento Cellule n° 13

INSEGNAMENTO alle Cellule n° 13

Cantico delle Creature di San Francesco

Cari amici delle cellule,

abbiamo ascoltato la volta scorsa il discorso che il Papa ha fatto alle cellule, è stato indubbiamente un evento eccezionale e abbiamo appreso direttamente dal Papa l’invito ad annunciare con gioia il Vangelo.

Questa sera in preparazione alla Festa della Comunità, che è stata posta nella Festa di San Francesco, a cui  invito tutti Voi a partecipare, pregheremo e commenteremo quella bellissima preghiera di lode di San Francesco che è il Cantico delle Creature. Essa rimane una delle poesie più significative della nostra cara lingua italiana, l’abbiamo studiata a scuola; ma non è sotto l’aspetto poetico e letterale che la esamineremo questa sera ma sotto la dimensione spirituale, cogliendo in quelle parole, il cuore di san Francesco che arde di amore per il Signore.

Questo cantico apre anche i prossimi insegnamenti che saranno sull’Enciclica del Papa “Laudato sì”.

Prendiamo allora il testo e preghiamolo con San Francesco . Abbiamo scelto la versione in italiano corrente proprio per farla diventare nostra preghiera.

 

 

 

“Altissimo onnipotente…..” molte volte si parla di Francesco come un esteta, un uomo capace di cogliere e vivere la bellezza del creato, di godere dei fiori, del sole, della luna, delle stelle…ciò è indubbiamente vero ma Francesco è molto di più. Occorre sapere che quando scriveva il Cantico delle Creature si trovava in una grave crisi esistenziale di sofferenza sia fisica che morale: stava molto male, sentiva vicino la fine della vita,   non poteva vedere la luce del sole perché aveva una seria malattia agli occhi ed era anche in crisi spirituale perché i suoi fratelli stavano prendendo orientamenti per l’Ordine da lui fondato che non condivideva. Ebbene, proprio allora in una situazione di grande sofferenza, Francesco compone questo bellissimo canto di lode. La sua capacità di cogliere la bellezza della natura, deriva dal fatto di vedere dietro di essa il Creatore.

Francesco intravede l’immagine di Dio nella bellezza e nella forza del sole (simbolo di Te Altissimo), vede nella luna e nelle stelle un riflesso della bellezza e della grandezza di Dio. Vede nell’aria, nei vari tempi, nel sereno e nel nuvoloso modalità attraverso cui Dio viene a noi per darci le cose necessarie, vede nell’acqua, nel fuoco, nella terra, doni preziosissimi di Dio per nutrirci e mantenerci. Le pennellate con cui Francesco disegna la terra e i suoi elementi sono semplici e profonde e ci invitano a cogliere dietro a queste cose l’amore grande di Dio per tutti noi e per ciascuno di noi. E’ stato notato giustamente che la poesia del cantico è grande perché non poetica, e cioè perché le parole sono tratte dal vocabolario comune – addirittura dal dialetto umbro – e tuttavia… hanno trovato il fascino evocativo di cui l’uso comune le aveva depredate. Il Creato, la sua bellezza diventano così segno dell’amore di Dio che san Francesco ci invita a vedere e farlo occasione preziosa per lodarlo e ringrazialo.

 

“Sia Lodato, mio Signore, per quelli che perdonano in nome del tuo amore…” Francesco vi aggiunge due strofe quella sul perdono e quella sulla morte. Egli vuole ristabilire la pace tra il Podestà ed il Vescovo di Assisi che stavano bisticciando aspramente; compone questa nuova strofa del cantico e manda i suoi amici frati a cantarlo sotto le finestre del Podestà e del Vescovo, i quali grazie a Francesco faranno la pace. Riconciliarci con i fratelli è una premessa essenziale per riconciliarci con la natura e sapere cogliere dentro di essa il cuore pulsante di Dio.

“Tu sia lodato, o mi Signore, per sorella nostra morte corporale … “           Francesco sente giungere la morte e la accoglie come una sorella, riconciliarsi con la morte è l’ultimo atto di riconciliazione con la natura. Quel momento è importante per il fatto che la morte non è la fine della vita ma l’incontro con Dio che ci ha donato la natura perché noi scoprissimo il suo amore, ed ora ci accoglie tra le sue braccia. Francesco ci mette però in guardia che se non si vive bene, la morte è premessa di una morte molto più profonda che è quella dell’auto escludersi dal Regno di Dio.

 

La limpidissima lode del Cantico delle Creature è resa possibile dalla “povertà” di Francesco che lo libera da ogni desiderio di possesso e di godimento e lo apre alla contemplazione pura. Le creature allora vengono avvertite per ciò che esse sono, colte e rispettate nel loro significato profondo. In questa contemplazione Francesco non si permette di discriminare le creature in buone e cattive, ne di costringerle dentro una prospettiva in cui il centro sia l’uomo, ma le accoglie tutte avendo nei loro riguardi solo rispetto ed obbedienza. Dio è la fonte di tutto e tutto è espressione del suo amore ed orizzonte ultimo dell’ “Altissimo” che l’uomo non può neppure “mentovare” . Non è   il Dio cosmico, che è una sola cosa col mondo ma è il Dio Altissimo, le creature sono creature e l’uomo è, tra di esse, non un sovrano, ma un punto d’arrivo e di ritorno dell’onda di amore infinito che le fa essere e il cui ritorno adeguato è il canto di lode.

 

Tutta la vita di Francesco è riassunta in queste parole. Questo Cantico è un Cantico aperto a cui idealmente si potrebbe aggiungere infinite strofe, dato che i soggetti evocati a cantare, o direttamente o come motivo di canto, sono moltissimi.

Attraverso questa preghiera facciamo nostro lo spirito francescano di contemplazione della natura e facciamo di essa una occasione per ringraziare e lodare il nostro Creatore.

 

Domande:

  • So cogliere nel creato la presenza e l’amore di Dio ?
  • Quali sono gli ostacoli che rendono difficile la lode al Signore ?
  • Cosa mi può suggerire lo spirito francescano ?

 

 

Don Alberto

Cossato, 28 settembre 2015    

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