Insegnamento Cellule n° 11

I talenti (Mt. 25, 14-30)

Carissimi/e,

siamo ancora all’interno del discorso escatologico. Le diverse parabole approfondiscono il tema della fine del tempo e del giudizio di Dio sotto aspetti sempre nuovi. La parabola dei talenti considera la prospettiva di un tempo prolungato di attesa prima del ritorno del Signore, perciò insegna a vivere non solo con fedeltà e vigilanza (parabola del padrone di casa che arriva all’improvviso di notte), e sapienza d’ amore (parabola delle dieci vergini), ma anche con operosità responsabile e creativa in quanto dovremo rendere conto di come abbiamo impiegato i beni a noi affidati. La parabola infatti è centrata su quel rendiconto in cui si manifesterà la verità del cuore di ciascuno dei servi perché l’impegno concreto e duraturo rivelano la verità dell’amore.

Prendiamo allora il testo e leggiamolo attentamente.

                   “Chiamò a loro i suoi servi e consegnò loro i suoi beni….” (V. 14).   Davvero, doti, intelligenza….. I capitoli della Genesi che descrivono la creazione sviluppano bene questo affidare di Dio all’uomo tutto il creato e renderlo protagonista della sua vita, con il compito di governare e fare fruttificare la terra.

C’è poi il dono della Rivelazione, il dono che Dio ci ha fatto di Gesù, della totalità del suo amore, il dono della fede. I primi due servi della parabola in questione ricordano al cristiano che la gratuità di Dio diventa compito per l’uomo; perciò i beni affidati dal Signore vanno investiti con sagacia per essere a Lui riconsegnati con frutto.

                 “Dopo molto tempo …” (v. 19).”  Il tempo che Dio ci lascia a disposizione può essere anche molto e i doni che il Signore ci ha dato non sono solo i doni naturali , le doti, le nostre capacità ecc… od i beni materiali di cui disponiamo, ma anche la chiamata alla vita cristiana . Spesso infatti non ci accorgiamo neppure che il Padre ci ha affidato un tesoro inestimabile e lasciamo giacere senza frutto il talento più importante che è quello della fede, della nostra relazione con Lui. Questo talento non è solo per noi ma per tanti nostri fratelli. La possibilità di ascoltare la parola di Dio, di conoscere il Signore, il dono della preghiera, della comunione ecclesiale sono doni che dobbiamo saper fruttificare. In questa parabola il signore Gesù ci dice: “guarda che di tutto questo dovrai rendere conto a Dio. Lo affido a te ma non è solo per te e per tanti tuoi fratelli e sorelle che incontrerai nella tua vita”.

                 “Venuto in fine colui che aveva ricevuto un solo talento .…….”(v. 24). Nella struttura della parabola i primi due servi hanno la funzione di mettere in risalto per contrasto il comportamento del terzo: a differenza dei primi due, l’ultimo nasconde il tesoro in una buca . L’insegnamento della parabola si evidenzia soprattutto nel terzo servo; la chiave dell’intera parabola è il dialogo tra il servo malvagio ed il padrone. Il servo ha una sua idea del padrone: quella di un uomo duro che miete dove non ha seminato, ecc… in una simile concezione di Dio c’è posto soltanto per la paura e per scrupolosa osservanza della Legge: tutto ciò che è prescritto e http:\\/\\/parrocchiasperanza.blog\\/wpa di più. Il servo non intende correre rischi, e mette al sicuro il denaro credendosi giusto quando può ridare al padrone quanto ha ricevuto. Ho avuto paura e me ne sono andato a nascondere il tuo denaro …(V. 25).

                “Servo malvagio ed infingardo …...”(v.26). Anche noi siamo tentati di ritenere giusto il ragionamento del servo ed invece ingiusta la pretesa del padrone. La reazione degli ascoltatori è quella degli scribi, dei farisei, degli zelanti e scrupolosi osservanti della legge. Tutti costoro non comprendono la condotta di Dio che si manifesta nel comportamento di Gesù. La ritengono ingiusta, essi concepiscono la giustizia come un rapporto di parità; tanto-quanto. Gesù invece si muove nella prospettiva dell’amore, che è senza calcoli e senza paura. Dio non si comporta secondo la gretta giustizia della parità, ma ….. perdona i peccatori, festeggia il ritorno del figlio perduto, paga gli ultimi operai come i primi……. Però anche il servitore deve uscire dall’angusta prospettiva del tanto-quanto. Il servo non deve porre limite al proprio servizio, perché l’amore non ha limiti. E non deve avere paura di correre rischi perché non c’è paura nell’amore. La parabola ci aiuta a comprendere la vera natura del rapporto che corre tra Dio e l’uomo che è tutto l’opposto di quel “timore servile che cerca rifugio e sicurezza contro Dio stesso in una esatta osservanza dei suoi comandamenti “. Il rapporto invece deve essere di amore, dal quale soltanto possono scaturire coraggio, generosità e libertà. Santa Teresina fa una osservazione : solo in una cosa l’uomo può gareggiare con Dio, nella misura del tutto. Dio ha amato totalmente l’uomo e l’uomo può amare totalmente Dio.

                       “So che sei un uomo duro   …...”(v.24). Dio non è assolutamente un uomo duro che non perdona e pronto a castigare. L’insegnamento di questa stessa parabola vuole evidenziare il contrario: è proprio contro la religiosità di coloro che servono un Dio inflessibile e bacchettone. Ma la nostra relazione con Lui è però cosa davvero seria come è serio l’ amore. L’essere stati amati da Dio, avere conosciuto il suo volto e poi non mettersi totalmente in gioco vivendo illuminati da quest’amore, tenere per sé i grandi doni ricevuti anche se non facciamo http:\\/\\/parrocchiasperanza.blog\\/wpa di male, anche se osserviamo tutte le regole non è sufficiente. L’amore infinito di Dio esige una risposta di amore, esige mettersi in gioco totalmente, esige giocare tutta la nostra vita con l’ intelligenza, la tenacia, la creatività che l’amore genera. Con questa parabola posta nel contesto del discorso escatologico, Matteo ci dice che il servo vigile e fedele è colui che, superando il timore servile e la gretta concezione farisaica del “dovere religioso” sa tradurre la fede in atti concreti, generosi e coraggiosi. Attendere il Padrone significa assumere il rischio della propria responsabilità, il rischio delle decisioni dinnanzi a prospettive sempre nuove. Chi invece resta inerte e pauroso diviene sterile e corre il rischio di perdere la stessa fede.

Alcune domande:

 

  • Com’è la nostra immagine di Dio. Un padrone duro ed esigente oppure un nonno bonaccione che lascia correre tutto: cosa ci dice la parabola ?
  • Cosa pensiamo delle doti e dei beni che Dio ci ha donato ? Sono cose che riguardano solo noi o talenti da far fruttificare ?
  • La nostra fede in Dio è un dono che riguarda solo noi o un Vangelo da comunicare?

Questo è l’ultimo insegnamento, ogni cellula si organizzi su come vivere il tempo dell’estate, trovando però dei momenti per stare insieme in amicizia ed anche un po’ di preghiera. L’estate può essere anche il talento da far fruttificare per proporre o convincere qualche amica a vivere l’esperienza della cellula………….. buon estate e buona preghiera!

                                                                                                                  Don Alberto

Cossato, 9 Giugno 2015

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