Carissimi/e,
questa sera meditiamo sul Vangelo che verrà proclamato nella liturgia di domenica 3 febbraio (4ª del tempo ordinario). Il motivo di questa scelta è perché vi invito come cellule, a esporre alcuni pensieri della vostra riflessione all’assemblea liturgica della “Speranza”. Questo per abituarci a vivere l’Eucarestia sempre in modo più attivo. L’Eucarestia domenicale non è una preghiera come le altre ma è il cuore della nostra relazione con Dio, sia personale che come Chiesa. Vivere l’Eucarestia è partecipare attivamente al dono che Gesù fa di se stesso, lasciando illuminare la nostra vita dalla sua parola e portare dentro la nostra vita Gesù, dandogli il timone del nostro pensare, agire e vivere. Il brano che leggeremo è posto all’inizio della vita pubblica di Gesù come viene descritta nel Vangelo di Luca.
Prendiamo allora il testo e leggiamolo attentamente. Lc 4,21-30
“Oggi si è compiuta questa scrittura… ” (V. 21)
Il brano a cui Gesù si riferisce e che ha letto nella sinagoga è quello di Isaia 61,1-2 modificandolo in parte. Tralascia infatti “un giorno di vendetta per il nostro Dio ” e introduce l’espressione “dare la libertà agli oppressi” . Ciò che importa notare, però, è che Gesù non da spiegazione esegetica del testo, ne si attarda alla ricerca di applicazioni morali, ma attira l’attenzione sull’evento che lo compie: la sua persona, la sua missione, è lui il Messia a cui Isaia si riferisce. L’attenzione allora passa dal testo letto a Gesù che predica, “gli occhi di tutti erano fissi e attoniti su lui”. Gesù identifica la sua missione con l’attesa del profeta Isaia e la dichiara compiuta “oggi”: la novità è Gesù. Gli ultimi tempi profetati da Isaia sono iniziati, il tempo preannunciato è in svolgimento. Israele e la storia degli uomini stanno attraversando un momento eccezionale di grazia. L’ “oggi ” non è soltanto una nota cronologica riguardante Gesù, ha in lui il suo inizio e il suo compimento, ma si prolunga verso tutto il tempo della Chiesa e del mondo. Anche il tempo che noi viviamo fa parte dell’ “oggi” proclamato da Gesù, fa parte dell’ “oggi” di Dio. Gli Ebrei attendevano nel futuro il tempo adatto alla trasformazione della storia, all’adempimento delle promesse. Per il cristiano, il Messia che rende possibile il mondo nuovo è venuto, ed è Gesù.
“Certamente voi mi citerete questo proverbio…” (v. 23)
Le parole di Gesù suscitano almeno inizialmente una reazione favorevole da parte dei presenti “tutti gli davano testimonianza”. La gente era stupita dalle parole di grazia che uscivano dalla bocca di Gesù. Ma l’atteggiamento degli uditori cambia rapidamente, perché? La meraviglia iniziale si volge improvvisamente in rifiuto “tutti nella sinagoga furono presi di sdegno”. Come si spiega questo brusco passaggio? Curiosamente non sono i nazaretani che esprimono le motivazioni del loro rifiuto ma è Gesù stesso.
“Nessun profeta è ben accetto nella sua patria… ” (v.24) Per Marco e per Matteo la ragione del rifiuto sta nella sua umile origine, nella sua condizione di falegname. Anche Luca si raccorda a questa ragione “non è questo il figlio di Giuseppe ?” Notiamo qui l’incapacità dei suoi concittadini di cogliere il nesso tra la parola di grazia proferita da Gesù e le umili origini dalle quali egli proviene. Dagli annunci dei profeti, dalla preghiera dei salmi, dall’immaginario collettivo, il Messia doveva giungere dalla casa reale per eccellenza, quella di Davide o addirittura visibilmente dal cielo. Doveva avere potenza e forza militare. Il vero Messia sconvolge tutte queste attese. La vicinanza di Dio così umile e dimessa, il suo farsi consanguineo con noi, scandalizza la maggior parte d’Israele, lo fa rifiutare dai suoi concittadini. In modo paradossale, la vicinanza diventa lontananza e rifiuto. Il rifiuto che ora Gesù incontra a Nazareth, e più tardi lo incontrerà nel suo popolo, non deve essere visto come un fatto isolato: è già accaduto prima e continuerà ad accadere dopo, nella storia della Chiesa. Non è un fatto isolato, un fatto del passato, ma un fatto contemporaneo ad ogni generazione. La sorte di Gesù è la sorte normale di chi vive il Vangelo fino in fondo. La croce, che è il punto estremo a cui giunge il rifiuto non è imputabile alla particolare malvagità della generazione di Gesù, ma piuttosto a quella durezza del cuore che si incontra dappertutto ed in ogni tempo.
“Medico cura te stesso … ” (v. 23)
I concittadini di Gesù hanno sentito parlare di quanto Gesù aveva fatto nei villaggi vicini e pretendono che la stessa cosa faccia anche a Nazareth, anzi molto di più, perché è il suo villaggio. Gesù però rifiuta tale richiesta e si spiega richiamando le vicende di Elia (primo libro dei Re 17-18) ed Eliseo (secondo libro dei Re 5) per motivare il suo comportamento. Coloro che presumono di essere dei privilegiati per il solo fatto di conoscere Gesù, rischiano pericolosamente di essere esclusi dalla salvezza che lui è venuto portare per tutti. I compaesani di Gesù avrebbero voluto che egli facesse i miracoli lì, nella sua patria, ma Gesù ha una missione universale, la sua patria è il mondo e la sua gente tutta l’umanità. Gesù, citando Elia ed Eliseo, mostra che il suo universalismo è in conformità con le scritture e che di fronte a Dio non può essere accampata nessuna pretesa.
Domande per la riflessione da offrire alla comunità:
* Riusciamo a descrivere alcuni momenti della nostra vita dove abbiamo sentito particolarmente vero “l’oggi” di Gesù, cioè abbiamo sentito che le parole di Gesù, la sua persona, toccasse direttamente la mia vita?
*Una delle cause del rifiuto di Gesù sono le sue umili origini, cioè gli Ebrei avevano un’ idea del Messia e di Dio differente da quella che Gesù proponeva. Anche noi possiamo avere un’ idea di Dio (che ci arriva dalla nostra educazione, tradizione, ecc…) che è diversa da quella rivelataci da Gesù. Possiamo avere comportamenti che motiviamo anche religiosamente ma che non corrispondono al Vangelo.
Esempio, un’ idea di Dio autoritaria, che giustifica giudizi duri e privi di misericordia… Un’ idea di Dio ritagliata sul nostro modo di pensare che giustifica in pieno il nostro modo di essere e che approva sempre quello che facciamo.
Oppure un’ idea di Dio tenero e permissivo al quale si può dire con faciloneria: io faccio quello che voglio, intanto tu sei buono…
Interroghiamoci su quali sono le idee sbagliate di Dio presenti nel nostro ambiente.
In che modo siamo disposti a metterci in ascolto del Vangelo?
*Un’altra causa del rifiuto è stata la pretesa dei suoi concittadini di essere trattati meglio di quelli di Cafarnao e dintorni. Abbiamo pretese nei confronti di Dio e quali sono? Ci è capitato di allontanarci da Dio perché non abbiamo questo o quell’altro o perché ci è successa quella disgrazia o perché non ha ascoltato le nostre preghiere, ecc…?
Cerchiamo di mettere in ordine i nostri pensieri e di esprimerli per iscritto per aiutare la nostra comunità a riflettere sul Vangelo che abbiamo meditato.
Buona preghiera!
d. Alberto
Cossato, 22 Gennaio 2019