Commento al Vangelo della XXIII Domenica del tempo Ordinario

Commento a cura
di Wilma Chasseur

DOVE FISSARE LO SGUARDO?

 

Credete che questo Vangelo parli della rinuncia? Ebbene per prima cosa ci chiede esattamente il contrario: ci chiede di NON rinunciare mai a una determinata cosa, altrimenti non entriamo in Paradiso. Anzi è l’unica cosa che ci permette di  entrare: se vi rinunciamo siamo fritti. Volete sapere qual è ? E’ la croce. “Chi non prende la propria croce e non viene dietro a me …”

 

  • Perché tutti cercano la felicità?

Quindi appurato che a questa non bisogna mai rinunciare, ce ne sono invece tante altre a cui bisogna  rinunciare eccome, se vogliamo seguire Gesù Cristo. E se c’è una parola che la  società moderna ha rinunciato ad usare è proprio la rinuncia. Quale spot pubblicitario annuncia: “rinuncia a questo o quel prodotto e sarai felice?” Vi sfido a trovarlo. Ebbene provo io a far la contro-pubblicità dicendovi “Volete essere felici, rinunciate!” A cosa? Ma è chiaro: a ciò che vi rende infelici. Vi siete mai chiesti perché tutti cercano la felicità? Ma è lampante: perché non ce l’hanno. Allora bisogna intendersi su ciò che rende infelici e ciò che fa felici. La mentalità dominante ci propina come fonte di massima felicità  tutto ciò che provoca massima infelicità, cioè concedersi tutto, soddisfare i propri capricci, godersi la vita. E che vita è questa? Sarebbe “bella vita”? Vediamo nell’esperienza di tanti santi e convertiti che il momento più bello è stato proprio quello in cui hanno abbandonato la cosiddetta “bella vita”, per scegliere la via stretta della rinuncia e seguire i comandamenti del Signore. Allora sì che hanno pianto di gioia e hanno finalmente trovato la felicità. Quindi la rinuncia è una via alla felicità: chi l’avrebbe mai detto?

 

  • Ma non potevano mangiare  altri frutti?

Del resto la stessa storia dell’umanità è iniziata con un invito alla rinuncia: “Non mangiare del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino”. Io mi sono sempre chiesta: ma Adamo ed Eva non potevano mangiare di tutti gli altri frutti e lasciar stare quello proibito? Ma  proprio quello dovevano andare a pigliare, mentre ne avevano una quantità di altri a disposizione? Così,  non rinunciando a quello, si sono e ci hanno cacciato in un mare di guai che non finisce più. Più inguaiati di così, non si può: abbiamo un sacco di fragilità: fisiche, morali, psicologiche e di ogni colore. E pensare che loro, allora, non avevano niente di tutto ciò e per di più, avevano quel solo comandamento di non mangiare quel frutto, da osservare, non ce n’erano altri. Sapete quale è lo sbaglio che hanno fatto e che facciamo tutti noi al loro seguito? Quello di fissarci sulle cose a cui dobbiamo rinunciare e non su Colui che incontreremo. “Chi non viene dietro a ME…”. Fissiamoci su quel “ME”.

 

  • Perché  rimanere fissati sulle rinunce?

Pensate: quando un fidanzato ha l’appuntamento alle otto con la fidanzata, pensa prima di tutto a colei che ama e che è felicissimo di incontrare; non pensa anzitutto che a quell’ora ci sarebbe la partita, il cinema, il bar con gli amici e vi deve rinunciare. L’idea non lo sfiora nemmeno. Ecco, se Adamo ed Eva si fossero fissati su Dio e non sul frutto, non saremmo qui ora a pagarne ancora le conseguenze. Ma, per carità, non continuiamo a ripetere lo stesso sbaglio: fissiamoci sulla bellezza dell’incontro col Signore e distogliamo lo sguardo dalle rinunce. Così avanzeremo spediti, anzi ci spunteranno addirittura le ali e il cammino non sarà più faticoso. Anzi, senza tutte quelle zavorre che facciamo una gran fatica ad abbandonare, saremo molto più leggeri e il cammino sarà molto più gradevole. Perché facciamo spesso anche lo sbaglio di pensare che è il cammino della sequela che è duro, mentre invece sono i pesi che ci teniamo stretti e a cui non siamo capaci di rinunciare che rendono duro il cammino. Fissiamo il volto del Signore e non vedremo più le rinunce.

 

WILMA CHASSEUR                                                         

 

PENSIERO DELLA SETTIMANA

 

Cosa significa “offrire il sacrificio della lode?”

 

Sembra che lodare non sia un sacrificio,ma una gioia, altrimenti se fossimo nella tristezza ,non canteremmo inni di lode. Ma se lodiamo anche quando siamo nella prova, allora offriamo veramente il sacrificio della lode ,che allora è sacrificio perché ci chiede di non rimanere centrati sui nostri  mali, ma di andare oltre, di elevarci nella lode al Signore, che Gli sarà particolarmente gradita e sarà feconda per noi.

 

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