Insegnamento Cellule n° 4 Marzo 2018

       ”Pietà di me o Dio …”   (Sl. 51(50)  V.3)

 

Carissimi/e,

questa sera leggeremo e commenteremo insieme il “Miserere” che è senza dubbio uno dei salmi più pregati,  la supplica penitenziale  più amata e anche più studiata nella Chiesa. Le “confessioni di S. Agostino”  rispecchiano  la profondità e la dinamica della  conversione descritta in questo  salmo e molti Padri della  Chiesa l’hanno commentato e anche molti musicisti l’hanno musicato (esempio Bach). Davvero un salmo molto bello e su di esso ci fermeremo anche  per il prossimo insegnamento (visto che Oriana è in Terra Santa a pregare anche per noi). Questo salmo si adatta bene ad essere  letto in Quaresima. (Nel commentato mi servo  del libro “Davanti a Dio”  Vol. I – p. 157-163).

Prendiamo il salmo e leggiamolo lentamente.

                                       “Salmo di Davide … (v. 1)

La tradizione giudaica colloca questo salmo quando Davide fu rimproverato dal profeta Natan, la supplica sarebbe quindi nata dal pentimento di Davide adultero ed omicida, davanti alla denuncia di Natan (confronta 2 Sam. 11-12). Gli studiosi però convengono unanimi nel dire che  questo salmo rivela la spiritualità  del “cuore nuovo” propria dei Profeti, nel periodo del dopo esilio e quindi almeno nella sua forma attuale è circa del IV secolo.

                               “Cancella il mio peccato…” (v. 3,4,5)

Già nelle sue prime righe sono raccolti insieme tre termini abitualmente usati nell’antico testamento per designare ciò che noi diciamo peccato.

   La prima parola è  “feshà” indica un atto di ribellione e di infedeltà, come per esempio di un suddito verso il re.  Contiene in modo accentuato l’idea di ostilità e rancore, potrebbe essere tradotta anche con il termine ribellione o anche tradimento (nella tua grande bontà cancella il mio tradimento). Questa  parola usata nei confronti di Dio, suppone che tra Dio e l’uomo vi sia un legame, un alleanza di cui il peccato è rottura, infedeltà e trasgressione. Rimanda anche all’atteggiamento di ingratitudine. Isaia al capitolo 1° dice “Udite, o cieli, ascolta o terra, perché il Signore parla: ho allevato dei figli e li ho resi grandi, ma si sono ribellati contro di me…”.

     Il secondo termine  “ ’awon”  è comunemente tradotto con colpa, “lavami da tutte le mie colpe” (v. 4) non indica tanto l’atto della trasgressione, quanto piuttosto la situazione dl peccatore: una situazione disordinata e contorta, schiacciata, come un uomo che cammina curvo sotto un fardello troppo pesante. In un altro salmo si legge “le mie colpe mi schiacciano il capo, gravano su di me come un pesante fardello” Sl. 38,5. Riproduce anche questo termine, l’impressione di una deviazione tortuosa, è l’inversione di ciò che è bene, la distorsione e la frattura di ciò che è diritto, la caricatura di ciò che è bello, l’essere schiacciati da un peso che ci impedisce di camminare.

     Il terzo termine “chatta’ “ comunemente tradotto con peccato ma il suo senso originario è sbaglio, significa appunto sbagliare il bersaglio, venir meno, non raggiungere l’obbiettivo, perdere. Il senso è quello di azione mancata, è la posizione di chi sbaglia strada o bersaglio. Quest’ultimo termine dice una cosa importante: il peccatore crede di raggiungere, in realtà manca allo scopo e va incontro al vuoto e alla delusione. Il peccato è vuoto e delusione è un a aberrazione che ci porta lontano da Dio e dal prossimo. Si pensi allora la delusione del figliol prodigo che abbandona la casa del Padre in cerca di libertà e felicità e invece trova fame e schiavitù. Ma il peccato è anche una azione mancata nei riguardi di Dio, il quale resta deluso, perché si aspettava dall’uomo frutti buoni, come dice Isaia nell’allegoria della vigna, e invece riceve “uva acida”.

                          “Cancella (v.3) , lavami (v.4), purificami (v.4) ”

Sempre nelle prime righe il salmista ricorre anche a queste tre immagini per precisare ulteriormente il concetto di peccato.

Lavare, per esempio  una macchia da un vestito, la forma espressiva del verbo ebraico suggerisce poi che occorre lavare con energia, ripetutamente. Togliere per esempio da un vestito dello sporco che ne ha intaccato le fibre e lo rende brutto e puzzolente

Purificare, per esempio dalla lebbra, ci si purifica poi dopo essere entrati in contatto da situazioni infettive che compromettono il nostro stato di salute e generano malattie gravi. Togliere ciò che può inquinare il nostro stato di salute e renderci malati cronici.

Cancellare, per esempio un macchia da un foglio, da queste immagini risulta che il peccato è visto non come un atto che passa ma come qualcosa che rimane dentro all’uomo. E di fatti è così. Il peccato costruisce l’orientamento della persona, peccato dopo peccato, scelta sbagliata  dopo scelta sbagliata,  l’uomo si costruisce tenebroso, cieco, incapace di vedere la verità. Cancellare vuol dire avere la possibilità di ricominciare di nuovo, di cambiare vita, di poter scrivere in una pagina pulita.

                              “Ecco nella colpa sono stato generato.” (v. 7)

Il peccato è profondamente radicato nell’uomo e il salmista lo sa. Egli si scopre  peccatore fin dal momento del concepimento. Questo versetto non vuole dire come comunemente viene inteso che la mamma ha concepito in un peccato di infedeltà coniugale o altro, ma che l’uomo, fin dalla sua origine, è radicalmente attratto verso il male. Egli nasce già segnato profondamente in negativo, perché nasce all’interno di una società che lo orienterà verso un modo di vivere che non è quello che propone  Dio. Il peccato è talmente radicato nel cuore dell’uomo che solo Dio può strapparlo. Occorre un intervento divino, capace di operare una profonda trasformazione tanto profonda da essere paragonata ad una nuova creazione.

Il verso 7 è usato come testo classico nella dottrina del peccato originale, è una dichiarazione sui limiti della creatura umana. Oggi si interpreta il peccato originale come la condizione nel quale ogni uomo nasce, una condizione segnata profondamente dal male:   cioè l’insieme di tutti i peccati degli uomini che di generazione in generazione orientano negativamente chi viene al mondo.  Una situazione della quale non ci si può salvare senza l’aiuto di Dio, senza l’esempio e la forza redentrice di Cristo.

Parliamo della  difficoltà che proviamo nel liberarci dai nostri vizi, dalle nostre cattive abitudini e anche della fatica che si prova nel  migliorare l’ambiente nel quale ci troviamo. Sentiamo la confessione come un momento in cui prendiamo coscienza dei nostri peccati e ne chiediamo il perdono all’amore di Dio?

Rileggiamo ora il salmo tradotto da Sergio Carrarini in un linguaggio moderno che ci aiuta a comprenderlo e a sentirlo nostro.

Viviamo con intensità la Quaresima!

                        Buona preghiera

                                                                                                 Don Alberto

Cossato, 6  marzo  2018