insegnamento n° 12

   De profundis …”   Salmo 130 (v.1)

Carissimi/e,

                 il salmo che commenteremo questa sera è il   salmo 130 (129),  uno dei più celebrati  nella tradizione cristiana e anche dei più amati dalla pietà popolare. Più volte è stato messo in musica da grandi musicisti. Lo si prega  nelle liturgie funebri.  E’ una domanda di perdono. Il salmista è anzitutto consapevole del suo  peccato e della propria incapacità a scollarsene di dosso. La sua situazione è quella di un uomo in fondo a un pozzo. Ma è altrettanto consapevole della Misericordia Divina, e allora la sua speranza rinasce. Il salmo è una domanda di perdono, ma il suo motivo principale è la speranza. Lo si potrebbe intitolare “la speranza di un peccatore” .  Coscienza della gravità del proprio  peccato  e fiducia nel Signore: ecco le due corde musicali di questo salmo.  

                  Prendiamo allora il testo e leggiamolo   pregandolo

                                                “Dal profondo    … (v. 1)   

Dall’abisso grido a te. Il salmista vede la sua condizione di peccatore come la situazione di un uomo precipitato in un pozzo profondo, dal quale gli è impossibile risalire;   solo Dio può fare il miracolo. Sono due le cose di cui tutta la Bibbia è convinta. La prima è che il peccato non è un atto passeggero, né qualcosa che resta all’esterno dell’uomo, bensì una situazione durevole, uno  stato  che intacca l’uomo nel profondo del suo essere. La seconda è che il peccato non una condizione da cui l’uomo può liberarsi: soltanto la potenza creatrice di Dio può farlo. Parliamo di peccato e di peccatore, ma il discorso vale anche per l’uomo in quanto tale,  anche per il giusto. Soltanto Dio può sollevare l’uomo dalla sua radicale impotenza.  

                “Se consideri le colpe … chi potrà sussistere  … (v. 1)  

Bellissima espressione! Tutti siamo peccatori e se pretendiamo di presentarci di fronte a Dio con il bilancino, chiedendo compensi per le nostre buone azioni siamo spazzati via come sabbia al vento. Davanti alla bontà di Dio siamo tutti con il cuore duro, incapaci di corrispondere al suo amore, vittime del nostro egoismo e della nostra superbia, spesso schiavi delle nostre passioni. Pensiamo alla parabola di domenica scorsa del fariseo e del pubblicano, solo riconoscendo la verità di quello che siamo e la nostra incapacità di amare,  possiamo stare di fronte al Signore e ricevere da lui il perdono e la forza per migliorare la nostra vita.

                                   Ma presso di te è il perdono  …” (v. 4 )

Per il salmista a generare il timore di Dio è il perdono e non la condanna.  La Misericordia del Signore ci spinge a comprendere la gravità del nostro peccato. il  timore di Dio non è generato dalla paura del castigo  ma nasce dal  rispetto e dall’ amore verso di Lui. Nasce dalla  coscienza che se rifiutiamo il suo perdono  nella nostra vita,  se per cattiva volontà o superficialità lasciamo scivolare via il suo  amore verso di noi, allora noi stiamo perdendo l’unica possibilità di salvezza, perché, oltre l’infinito amore di Dio proprio non c’è più nulla. Timore quindi significa  rispetto, coscienza dell’immensità di Dio e anche coscienza che solo lui può liberarci dei nostri peccati e renderci capaci di fare il bene.

                                 Io spero nel Signore  …” (v. 5)

Questa speranza nasce dal sapere che Dio è colui che ci vuole bene, che soffre nel vederci lontani ed incapaci di bene. E’ un Dio misericordioso che vuole la nostra felicità. Questa rivela zione di Dio già presente nel primo testamento diventerà chiarissima nella predicazione e nella vita di Gesù.  Ecco allora l’ immagine: “Attendo il Signore più che le sentinelle l’aurora.” (v.6) Lo stato del peccatore pentito è paragonato al disagio di una sentinella che veglia nella notte e l’attesa del perdono è paragonata all’impaziente attesa dell’aurora. E’ Dio che solleva l’uomo dall’abisso, ed è ancora Dio la luce che illumina la notte. Dio è il desiderio profondo dell’uomo, anche questa  immagine della sentinella che attende l’alba è il simbolo di ogni credente.                              

                           Israele attende il Signore  …” (v. 7)

 Dio redimerà Israele da tutte le sue colpe (v.8). Il peccato è una schiavitù che esige riscatto, liberazione: la parola che il salmista usa è “redenzione”, termine che suppone da una parte la situazione di schiavitù dell’uomo e dall’altra la volontà di Dio di intervenire come alleato, come un parente, pronto a pagare di persona per liberarlo. E’ ciò che ha fatto Gesù “Il Figlio  dell’uomo non è venuto ad essere servito, ma a servire e dare la vita in riscatto per le moltitudini” (Mc 10.45). Quest’ultima strofa coinvolge tutto Israele nei temi della colpa, della grazia e della redenzione. Nelle strofe precedenti era il salmista , ora è tutto il  popolo che prega. La salvezza personale viene inquadrata in quella comunitaria. La fede del salmista  si profila sullo sfondo di quella di tutto il popolo dell’alleanza redento da Dio, di cui aveva fatto esperienza quando era stato riscattato dal male sociale della schiavitù Egiziana e ora fa esperienza della liberazione interiore.

 C’è un significato profondo in questo passaggio dal singolare al plurale, dal personale al comunitario. Il peccato non è solo un fatto personale ma anche comunitario. Ciascuno con il suo comportamento condiziona ed è anche condizionato dagli altri, sia nel bene che nel male.  C’è una situazione di peccato che è dentro all’uomo e alla società  a cui tutti partecipano e che coinvolge  il comportamento di ciascuno;  siamo legati gli uni agli altri. Per questo la salvezza non può essere che personale e insieme collettiva. Noi arriviamo da una concezione troppo individuale di  peccato. Il salmista ci invita a cogliere che la nostra salvezza personale non potrà essere che inserita nella salvezza di tutto il popolo di Israele . Dio vuole tutti salvi, è solo come popolo, come Chiesa, come umanità salvata potremmo vivere pienamente nell’amore di Dio che è per tutti e si esprime nella comunione.

La celebrazione della festa di tutti i Santi sottolinea proprio questa verità fondamentale. Si è santi per la grazia di Dio, si è santi per la nostra corrispondenza a questa grazia, ma si è santi insieme, proprio perché si partecipa a tessere  la storia della salvezza, mediante la quale  Dio vuole generare una umanità nuova, quella del Regno di Dio, che sarà per sempre.  

A conclusione preghiamo leggendo la traduzione moderna del Salmo di Sergio Carrarini

Alcune domande:

  • Nel leggere questo Salmo ci sentiamo in sintonia con i sentimenti di peccato e di estremo bisogno di Dio espressi dall’autore?
  • Abbiamo coscienza che siamo legati gli uni agli altri e che il miglioramento della nostra vita è legato a quello di tutta l’umanità?
  • Il perdono del Signore per noi cristiani ha come segno sacramentale il perdono che ci viene dato dalla  Chiesa tramite il sacerdote;  cosa pensiamo della confessione e della celebrazione comunitaria di questo Sacramento.

 

Commento liberamente tratto da “Davanti a Dio” Vol. II di Bruno Maggioni pagg. 231-232

 

 

Buona preghiera!    

 

 

  1. Alberto

 

 

                                       Cossato, 29 ottobre  2019