Insegnamento Cellule n° 13 Ottobre 2018

 

 ”A te ho gridato e mi hai guarito”   [Salmo 30 (29) v. 3]

 Carissimi/e,

questa sera leggeremo e pregheremo il salmo 30. Chi ha composto questo  salmo è un uomo che ha corso un grave pericolo di morte ma ne è uscito vivo e sano; ora intende raccontare la sua esperienza nell’assemblea dei fedeli. Vuole raccontarla perché tutti si uniscano al suo ringraziamento. La sua esperienza di pericolo e di salvezza, quindi di sofferenza e di gioia, lungi dall’essere segno di un destino capriccioso ed incontrollato, gli rivela un piano misericordioso di Dio, un Suo disegno coerente e positivo di amore. Veramente capita quasi a tutti, più o meno,  di passare per esperienze analoghe, ma non sempre riusciamo a fare una sintesi come quella del salmista. La fede ci aiuta proprio a scoprire, dentro le alterne vicende della vita, la presenza di Dio che ci conduce, presenza amorosa e finalizzata ad una meta che è oltre l’orizzonte che noi possiamo scorgere. Preghiamo allora il salmo.

                                “Ti esalterò, Signore,  perché mi hai liberato …” (v. 2)

Dio ci libera dal male, dal fallimento della nostra vita: è l’esperienza del credente che il salmista annunzia. A volte si passa attraverso situazioni di sofferenza, di malattia, di contrasti, dove abbiamo chiara coscienza che la nostra vita può perdersi. Ci troviamo di fronte a situazioni negative verso cui ci sentiamo impotenti. Il salmista ha la lucida intuizione che solo la mano di Dio ci può salvare e ci salva, non altri.

                          “La sua collera dura un istante, la sua bontà per tutta la vita ”   (v. 6)

Altra esperienza del salmista è quella della bontà di Dio. In proposito nel libro di Isaia si leggono parole ancora più belle: “Dice il tuo Dio: per un breve istante ti ho abbandonato, ma ti riprenderò con immenso amore. In un impeto di collera ti ho nascosto per un poco il mio volto, ma con affetto perenne ho avuto pietà di te”. (Is. 54,6-7). E’ un modo di esprimersi molto umano, in realtà Dio non abbandona mai, ma ci segue anche quando sembra metterci alla prova. Indubbiamente quando siamo nella sofferenza, ci pare che Dio si sia dimenticato di noi o che ci castighi. L’esperienza del salmista dice in forma poetica che Dio ci vuole sempre bene.

                             ” Nella mia prosperità ho detto: http:\\/\\/parrocchiasperanza.blog\\/wpa mi farà vacillare…” (v. 7)

Nel tempo della salute e del benessere, quando le cose andavano molto bene, il salmista si credeva potente, forte, autosufficiente, ma nel momento della malattia e del pericolo ha ritrovato la coscienza della sua fragilità: “Quando hai nascosto il tuo volto io sono stato turbato”. Quanto è nostra questa esperienza! Nel momento del benessere l’uomo si illude di essere indistruttibile, perde le misure, non vede più il mondo e gli altri nella giusta luce. Nel tempo della fragilità e della sofferenza invece l’uomo ritrova la sua verità, spesso comprende allora che le relazioni valgono più delle cose, l’amore più dell’egoismo, l’aiuto di Dio più di ogni altra cosa. La nostra fragilità è fonte di vera saggezza.

                                 ” Quale vantaggio dalla mia morte …” (v. 10)

Nel salmo si leggono parole che possono sorprendere il credente che oggi le prega.  “Ti potrà forse lodare la polvere?” (v.10)  Sono parole che il salmista rivolge a Dio nella fede che non ha ancora conosciuto la resurrezione di Gesù, una ragione in più perché lo salvi. Il salmista non conosce con chiarezza l’esistenza di una vita dopo la morte. Per lui la vita è questa, il tempo per lodare il Signore è questo. Perché allora fare scendere negli inferi un uomo che non potrà più lodarlo?  Noi credenti cristiani, nati dall’esperienza della resurrezione di Gesù, viviamo la speranza di lodare in eterno il Signore e preghiamo questo salmo con un significato diverso da quello che il salmista gli ha dato. Certo, lodare il Signore è il senso della vita, di questa vita, ma questo salmo lo possiamo pregare anche quando pare che il Signore non ci salvi, quando la malattia non è vinta, quando sembra di soccombere nel pericolo. Dio non ci abbandona alla morte ma ci salva anche nella morte e attraverso la morte. E’ possibile, ed è esperienza di molti credenti, che Dio ci salva e ci guarisce introducendoci in un orizzonte molto più vasto e grande che è il regno di Dio, in cui la vita è pienezza di felicità.

Siamo nel mese in cui tutte le famiglie ricordano i loro cari defunti e le parole del salmo le possiamo pregare anche pensando a loro, perché in Gesù siamo liberati dalla tomba della morte, siamo sollevati dalla polvere e introdotti nella luce della vita di Dio stesso. Anzi possiamo dare un senso davvero letterale alle parole che concludono il salmo: “Signore, mio Dio, ti loderò per sempre”. (v. 13)

L’esperienza di essere liberati, non dalla malattia ma attraverso la malattia, non dalla disgrazia ma attraverso la disgrazia, è l’esperienza che molti credenti fanno nella fede. Riporto qui una preghiera di Kirk Kilgour campione pallavolista immobilizzato su una sedia a rotelle a seguito di un terribile incidente, che esprime bene questa esperienza:

Signore mi hai dato tutto

Chiesi a Dio di essere forte per eseguire progetti grandiosi

ed Egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà.

Domandai a Dio la salute per realizzare grandi imprese

ed Egli mi ha dato il dolore per comprenderlo meglio.

Gli domandai la ricchezza per possedere tutto

ed Egli mi ha lasciato povero per non essere egoista.

Gli domandai il potere perché gli altri avessero bisogno di me

ed Egli mi ha reso umile perché io avessi bisogno di loro.

Domandai a Dio tutto per godermi la vita e mi ha lasciato

la vita perché io potessi essere contento di tutto.

Signore, non ho ricevuto niente di quello che chiedevo,

ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e quasi contro la mia volontà.

Le preghiere che non ti presentai furono esaudite.

Sii lodato, o mio Signore: fra tutte le creature nessuna possiede più di quanto possiedo io!

  Leggiamo ora la traduzione del salmo 30 (29) fatta da Sergio Carrarini in un linguaggio più moderno, immediato: lo fa diventare un salmo di un uomo guarito da una grave malattia. Questo fatto diventa motivo di lode ed anche di riflessione sulla falsa sicurezza ed il senso di onnipotenza che gli uomini coltivano quando sono giovani, forti e pieni di salute. Questo salmo esprime la gioia per ogni guarigione dalla malattia e ci insegna ad amare la vita e Dio che ne è il custode.

Alcune domande:

  • Abbiamo fatto anche noi l’esperienza del salmista, della guarigione o dello scampato pericolo e in che modo abbiamo condiviso le sue stesse riflessioni e la sua lode verso Dio?
  • Più difficile l’esperienza della guarigione nella malattia che non guarisce e dell’amore di Dio nella sofferenza: condividiamo l’esperienza ben espressa nella preghiera di Kirk.
  • Come viviamo questi giorni in cui ricordiamo i nostri cari defunti? In che modo condividiamo i sentimenti di lode e di riconoscenza di Dio espressi nel salmo?

Buona preghiera

                                                                                                                                                                                                                                                        don Alberto

 

Cossato, 30  ottobre 2018