Insegnamento Cellule n° 7 aprile 2018

 ”Mio Signore e mio Dio! ”   (Gv. 20,24-31)

 

Carissimi/e,

questa sera leggeremo la seconda parte del Vangelo della  seconda domenica di Pasqua. Parla della difficoltà di Tommaso a consegnarsi alla realtà della resurrezione,  del suo cammino interiore,  fino a giungere alla più  alta espressione di fede in Gesù Cristo che troviamo nei Vangeli.  E’  facile intravvedere in questo “cammino” di Tommaso,  il nostro cammino di fede, i nostri dubbi e le nostre difficoltà.

Leggiamo allora questo brano  del Vangelo.  Giovanni cap. 20, 24-31

                           “Non era con loro quando venne Gesù . .. (v. 24)

Non sappiamo i motivi della sua assenza alla  sera di Pasqua. Il Vangelo non scusa portando motivi ragionevoli ne condanna colpevolizzando l’assenza. L’incontro dei  discepoli con il Signore Risorto è indubbiamente per noi  un richiamo all’Eucarestia domenicale. Dopo anni di minacce e di condanne all’inferno per chi non veniva a messa ora si accetta come un fatto normale il non partecipare all’Eucarestia. Penso che il silenzio che il Vangelo ha nei confronti dell’assenza di Tommaso sia indicativo per noi. Non dobbiamo ne condannare ne giustificare ma accettare un dato comune come un luogo di libertà,  dove fare  riscoprire l’importanza dell’Eucarestia, dell’incontro con il Signore da parte di chi dice di credere in Lui. Nella vita dello Spirito è proprio così. Le cose più importanti sono le più libere e le più indispensabili, devono essere capite e desiderate. La lontananza va letta come cammino e tempo di avvicinamento.

“Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito…” (v. 25)

Quanto è nostra questa pretesa di Tommaso, soprattutto nei momenti più difficili della nostra fede! Innanzi tutto va notato  che Giovanni sottolinea che Tommaso è uno dei dodici, appartiene alla comunità degli apostoli,  a coloro sulla cui testimonianza si fonderà la fede di tutta la cristianità. Questo dice che la fede è sempre un cammino e  l’esigenza di certezze a cui la fede non dà risposta,  fanno parte  della vita del credente. Ma dice anche che la fede è opera del Signore e proprio per questo nella Chiesa non verrà mai meno, non per merito nostro ma per dono di Dio.   Il termine della fede è la persona di Gesù e credere indica uno slancio del cuore verso di Lui: non un semplice assenso intellettuale, ma una adesione di tutta la persona. Il vero credente è colui che ascolta Gesù ed insieme lo ama.  Le difficoltà della fede sono i tornanti in salita del nostro  cammino spirituale, non sono il rifiuto a credere ma prove.

                           “Poi disse a Tommaso, metti qui il tuo dito ….” (v. 27)

La seconda apparizione di Gesù ai discepoli ricalca alcuni tratti della prima che descrive in filigrana l’assemblea Eucaristica: il primo giorno della settimana (la domenica), i discepoli insieme  (la comunità riunita), Gesù è in mezzo a loro (lo spezzare del pane), ma l’attenzione è tutta rivolta al breve dialogo tra Tommaso e Gesù. Notiamo come Gesù non rimprovera Tommaso ma anzi gli dà una attenzione di favore e accoglie con condiscendenza le sue richieste (toccare le mani, il costato) e lo invita a non continuare ad essere incredulo ma diventare credente. Tommaso aveva chiesto di toccare i segni della croce ma qui non è detto che li abbia toccati. L’essere guardato in modo privilegiato da Gesù, sentire la sua voce che lo chiama, porta Tommaso a un riconoscimento pieno della presenza viva del Risorto e lo fa uscire nella  più alta ed esplicita espressione di fede di tutto l’intero Vangelo: “Mio Signore e mio Dio”. La confessione di Tommaso  non esprime soltanto il riconoscimento ma la sua appartenenza, il suo slancio, il suo amore verso Gesù. Determinante qui è proprio lo sguardo di Gesù e il suo rivolgersi a Tommaso. Tommaso non è lontano dalla fede ma è condizionato dal  terribile dramma della crocifissione che ha azzerato tutti i  sogni di successo presenti nelle attese dei discepoli. L’incontro del Risorto si realizza nella verità della nostra relazione con Dio. Accogliere il suo amore significa anche rinunciare  a molte delle nostre attese per aprirci ad  una proposta infinitamente più grande e più bella di vita e di missione.

                  “Beati quelli che non hanno visto ed hanno creduto…!” (v. 29)

Tommaso ha conosciuto il dubbio ma questo non gli ha impedito di giungere primo tra gli Apostoli ad una fede piena. Nell’esperienza di Tommaso c’è stata però, una pretesa in qualche modo superflua, dalla quale occorre purificarsi: “perché hai visto hai creduto”. Tommaso avrebbe potuto (e dovuto) credere fidandosi della testimonianza apostolica, senza pretendere una ulteriore assicurazione. “Beati quelli che senza aver visto hanno creduto”. Questa è la beatitudine del Vangelo di Giovanni:  la fede che sa credere senza pretendere di vedere. La confessione di Tommaso apre una nuova tappa all’itinerario della Chiesa. Quando l’Evangelista scriveva il suo Vangelo erano già molti coloro che credevano senza aver visto, forse per questo che  il verbo  si riferisse ad una situazione già sperimentata (hanno creduto). La scena di Gesù con Tommaso diventa un punto di passaggio dalla visione alla testimonianza, dai segni all’annuncio.     Si apre il tempo della Chiesa; credente è ora chi, superando il dubbio e la pretesa di vedere, accetta la testimonianza autorevole di chi ha veduto.  Il che non significa che ora al credente sia preclusa ogni personale esperienza del Cristo Risorto. Tutt’altro, gli è offerta l’esperienza della gioia, della pace, del perdono dei peccati, della presenza dello Spirito. Ma la storia di Gesù deve essere accettata per testimonianza.

L’esperienza della fede risulta di due elementi. La realtà storica di Gesù di Nazareth che noi non possiamo più vedere ma accogliamo dalla testimonianza oculare dei testimoni e la comunione di fede con il Signore che è sempre possibile e che è dono suo. Il primo elemento si trasmette per testimonianza come una memoria fissata e fedelmente raccontata, sono i Vangeli, gli Atti degli Apostoli.  Essa è pienamente credibile e va accolto. Il secondo elemento si pone invece come un fatto pienamente contemporaneo, vissuto nell’esperienza diretta e personale di tutti coloro che accogliendo l’annuncio apostolico sono toccati nel cuore dal Cristo Risorto.    Queste due dimensioni non sono separabili, la seconda poggia sulla prima e non è mai senza la prima. La seconda però  è indispensabile: se Gesù  non ci tocca il cuore  la testimonianza apostolica ci lascia indifferenti . Va notato poi un terzo elemento. La comunità cristiana dentro la quale si realizza l’annunzio del Vangelo e l’incontro con il Signore Risorto, reso sempre più attuale dall’amore e dalla fede dei fratelli.             

                        

Alcune domande:

  • Quali le difficoltà che hai nel credere? Che cosa vorresti vedere e toccare?
  • Qual è la tua esperienza di fede nel Cristo Risorto?
  • Che importanza ha la comunità nel tuo cammino di fede?
  • Che importanza ha il Vangelo per la tua fede e nella tua preghiera?

Buona preghiera

                                                                                                                                                                                                                                                          don Alberto

Cossato, 17 Aprile 2018