Insegnamento Cellule n° 6 Marzo 2019

  Il Padre e i due figli …”  (Luca  15,11-32)

Carissimi/e,

questa sera rifletteremo insieme sulla parabola molto importante che rivela il nuovo e inaspettato volto di Dio che Gesù ci ha rivelato. Volto di un Padre che ama infinitamente i suoi figli e non ha verso di loro altro desiderio che stiano con lui, che vivano una bella vita e che si vogliano bene. Questo volto di Dio così grande e così inaspettato è il volto del vero Dio e solo Gesù poteva rivelarcelo. Copio integralmente (per motivo di tempo)   il commento esegetico di Bruno Maggioni, su questa  parabola anticamente chiamata del “figlio prodigo”, ma in realtà parla del “Padre misericordioso”. Sarebbe bello che qualche cosa della vostra riflessione venisse offerto all’assemblea liturgica di domenica prossima come è già stato fatto in passato.

Prendiamo allora il Vangelo di Luca al capitolo 15,11-32

Un uomo aveva  due figli  … (V. 11)

Da qualsiasi angolazione si guarda la parabola ci si accorge che al centro c’è sempre la figura del padre: il padre è la figura che dà unità all’intera narrazione. Le due vicende – quella del figlio minore come quella del figlio maggiore – si scontrano con la novità della sua paternità. Il punto su cui la parabola concentra l’attenzione è come Dio si pone di fronte ai due figli – il peccatore e il giusto – e come i due figli si pongono davanti a Lui.  In ambedue i casi  c’è un netto contrasto (tra ciò che pensano i figli e l’atteggiamento del padre). L’attenzione deve dunque indugiare anzitutto sulla figura del padre. Egli non cessa di amare il figlio che si è allontanato e continua ad amarlo. A lui non interessa che il figlio gli abbia dissipato il patrimonio. Ciò che lo addolora è che il figlio sia lontano, a disagio. E quando il figlio ritorna, il padre lo scorge da lontano e gli corre incontro. Nessuna rimostranza, nessun rimprovero, ma solo molta commozione e una gioia incontenibile. Il padre non bada neppure alle parole del figlio: “Trattami come uno dei tuoi servi”. L’importante è che questo figlio abbia capito e sia tornato. Gli ordini rivolti ai servi si fanno impazienti: “Presto portate qui il vestito più bello…” e quel figlio appena tornato deve subito capire che nulla è cambiato nei suoi confronti:  è un figlio, come sempre, e quella casa è la sua. E’ questo il volto vero di Dio, il volto di un Padre che ama e che ha una incondizionata accoglienza dei peccatori.

Pochi giorni dopo il figlio … partì per un paese lontano…” (v.13 )

Il figlio minore esce di casa  non perché ha bisogno di lavoro (il padre è ricco, ha campi e braccianti), ma perché vuole organizzarsi una vita indipendente. Lo stare in  casa gli pesa come una schiavitù. Un vero padre è amore, ma è anche “legge e regole”. E questo può a volte insinuare nei figli che egli sia un padrone, anziché un padre. Il peccato del figlio non è la vita libertina condotta lontano da casa. Questa è la conseguenza di un peccato precedente e più profondo, il peccato di pensare alla casa come una prigione, la presenza del padre come ingombrante e mortificante e, quindi, l’allontanamento dal padre è vissuto come libertà. Questo è il vero peccato, la radice di tutte le infedeltà.

Allora ritornò in se stesso … ” (v.17)

Ma è proprio con la partenza da casa che inizia la degradazione: una vita disordinata, poi la fame, poi il servizio presso un padrone pagano, poi l’umiliazione di pascolare i porci. Questi disagi non sono un castighi inflitti dal padre (o da Dio),  ma è una conseguenza di una sua scelta. Il cammino di ritorno inizia con un mutamento interiore “rientrò in se stesso” : il figlio comprende che la casa del padre non è una prigione,  ma un luogo di libertà e di dignità. Con questo diverso modo di ragionare il figlio compie un passo importante. Ma deve ancora  compierne un altro inaspettato: conoscere chi è davvero suo Padre.  Difatti questo figlio  non conosce ancora suo padre: è convinto di avere perso l’amore del padre e che debba di nuovo meritarlo lavorando come un servo.  Invece il padre non ha mai smesso di amarlo. Quando il figlio gli chiede perdono, non lo lascia neppure parlare. Il padre è completamente diverso da come il figlio immaginava. La veste  più bella, l’anello al dito, i calzari, sono tutti segni dell’essere figlio. Il padre gli dice:  non “sei di nuovo mio figlio, bensì lo sei sempre stato”.

Il figlio maggiore si trovava nei campi …”  (v. 25)

Il figlio maggiore, anziché godere della gioia del padre, ne prova irritazione. Non riesce a vedere la questione con gli occhi di suo padre. Rifiuta di partecipare alla festa per il fratello perduto e ritrovato, ritenendola ingiusta.  La gioiosa accoglienza riservata al fratello minore gli dà l’amara sensazione che la sua fedeltà di rimanere in casa sia del tutto sprecata. Se il peccatore è trattato in quel modo, a che serve essere giusti? Questo figlio giusto e osservante non conosce suo padre. E neppure ragiona come un fratello (contento che il fratello più giovane sia tornato!), né ha capito che lo stare in casa con suo padre è una fortuna. Ragiona come se la fedeltà fosse un peso e la compagnia del padre una fatica.  Assomiglia al fratello minore! Nemmeno lui ha capito il padre. E assomiglia agli scribi e a i farisei che mormoravano perché Gesù accoglieva i peccatori.

Suo padre allora uscì a supplicarlo …”  (v. 28)

Lo stesso amore che ha spinto il Padre a correre incontro al figlio minore, lo spinge ora ad uscire e a pregare il figlio maggiore di lasciare perdere le proprie rimostranze e di fare festa insieme. Il padre vorrebbe riunire i due figli, unendoli a sé e tra di loro. Vorrebbe che scoprissero la sua paternità e la loro fraternità. Così è Dio. Il figlio maggiore si è lasciato convincere? E’ entrato in casa a fare festa? Non lo sappiamo. La conversione del giusto è, a volte, più difficile di quella del peccatore.

Partendo da questa parabola, la teologia femminista, sostiene che questo  volto di  padre corrisponde molto di più al volto di una madre, che ama incondizionatamente i suoi figli e quindi sostiene che Dio è molto più madre che padre.

Alcune domande:

 

 

  • Quale è il nostro atteggiamento nei confronti di chi si comporta male, di chi sbaglia?
  • La nostra idea di Dio risponde al volto di Dio che emerge da questa scandalosa parabola?
  • Come stiamo portando avanti il cammino Quaresimale?

 

 

Buona preghiera!        

 

                                                                           don Alberto 

 

 

Cossato, 26 Marzo  2019