Insegnamento cellule n° 18 Novembre 2017

 ”Rallegratevi nel Signore,  sempre  …”   (Fl. 4,4)

 Carissimi/e,

leggeremo questa sera gli ultimi due capitoli della Lettera  ai Filippesi. Le esortazioni contenute in questi capitoli ci possono introdurre bene anche al tempo imminente dell’Avvento. Sono infatti  invito alla gioia e alla speranza e nello stesso tempo  ad essere vigilanti perché nessuna cosa possa distoglierci dalla nostra relazione  con Dio. Già fin da ora prepariamoci bene a questo tempo che ci porterà a vivere il natale di Gesù, centro  della nostra salvezza.  Le indicazioni di Paolo riguardano la  vita personale ma anche la vita comunitaria;  dal modo con il quale noi siamo capaci di stare insieme, si può notare la profondità della fede e lo stile delle nostre piccole comunità sono “annuncio”  della novità del Vangelo.

Leggiamo allora insieme i capitoli 3 e 4.

                              “Guardatevi dai cattivi operai ….” (v. 3,3)

Questi cattivi operai sono degli Ebrei della prima comunità cristiana, soprattutto di Gerusalemme,  che andavano senza nessuna autorizzazione degli Apostoli,  nelle comunità cristiane di origine pagana a dire che se volevano salvarsi ed essere veramente cristiani dovevano farsi circoncidere e osservare tutta la legge di Mose.  Queste persone hanno fatto penare molto Paolo che si lamenta di loro in diverse sue Lettere. Essi infatti visitavano le comunità da lui fondate dicendo che il messaggio di Paolo  non era valido.  Non era solo un fatto normativo anche se importante, perché pretendere di farsi Ebrei impediva la  diffusione del cristianesimo, essendo questo quasi impossibile per uno che arrivava dal paganesimo. Era anche una questione fondamentale: se la salvezza viene da Gesù allora non è più necessario appartenere alla religione ebraica e quindi farsi circoncidere, se  invece come sostenevano è necessario farsi circoncidere e appartenere al popolo ebraico allora vuol dire che la salvezza non viene più da Gesù.  Paolo è molto duro con loro perché davvero erano un pericolo per le prime comunità cristiane non ebraiche.

                            “Sebbene io possa confidare anche nella carne ….” (v. 3,4)

  1. Paolo chiama carne tutto ciò che di materiale e di umano può essere fatto valere come motivo di salvezza e di vanto di fronte a Dio. In particolare riferendosi a questi Ebrei cristiani che dicevano che se si voleva essere graditi al Signore bisognava diventare degli Ebrei osservanti, Paolo dice che lui è stato molto più di loro: di famiglia ebrea, osservante rigoroso della legge, allievo di una delle scuole teologiche  più prestigiose  di Israele e così rigoroso da essere persecutore dei cristiani. Afferma però  che tutto questo che per molti Ebrei poteva essere un grande vanto  nei confronti di Dio ed un prestigio nei confronti del popolo,  lo ritiene spazzatura di fronte alla fede in Gesù da cui deriva la piena riconciliazione con Dio, premessa per giungere alla resurrezione.

                                  “Fatevi miei imitatori  ….” (v.  17)

Davvero la vita di Paolo è vita di donazione assoluta a Cristo alla Chiesa.  Paolo poi denuncia un altro pericolo presente nella comunità, c’è qualcuno che si comporta davvero male, da nemico della croce di Cristo e dedito ai piaceri e alla vita dissoluta fino  a vantarsi di ciò di cui ci  si dovrebbero vergognare. (Molte volte si sentono  persone vantarsi di comportamenti scorretti, disonestà, tradimenti matrimoniali, consumi costosi ed immotivati, ecc…  cose di cui bisognerebbe vergognarsi.)

                         “Rallegratevi nel Signore sempre  ….” (v. 4,4)

Alla fine della lettera Paolo parla dello stile di vita del cristiano e della comunità, invita ad andare d’accordo, invito sempre attuale, perché come sappiamo bene, vivendo insieme capita di urtarsi e allora è importante  avere chiaro che il bene più grande è la concordia e l’unità . Invita a rallegrarsi nel Signore non perché si vive una situazione ideale e non ci siano  problemi (lui per esempio era prigioniero)  ma per il dono del Signore Gesù, del suo amore, della sua amicizia. Paolo invita ad essere affabili, cioè delicati, premurosi, attenti agli altri, perché lo stile di vita deve rivelare l’amore del Signore che è entrato nei nostri cuori;  invita pregare per le necessità e per le persone in difficoltà.

Tutto quello che è vero, è nobile …” (v. 8)                        

“Vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode”:  bellissime espressioni che indicano ciò che deve essere la tensione della comunità, ciò che deve riempire le nostre relazioni, i nostri pensieri. Davvero Paolo ci invita a puntare in alto, che è il contrario di quello che avviene normalmente, si evidenziano infatti soprattutto i difetti, gli errori, i peccati. Questo capitolo 4 va letto più volte come verifica del nostro  vivere insieme.

                               “Ho provato grande gioia …” (v. 10)    

Paolo ringrazia poi per gli aiuti materiali che ha avuto dalla comunità e sottolinea soprattutto l’aspetto del dono, della cura che la comunità ha nei confronti suoi. Lui sarebbe in grado anche di farne a meno, perché ormai ha provato di tutto (ed è vero), indubbiamente le cose che gli offrono sono molto utili ma soprattutto lo fa contento il fatto che ciò, esprime l’amore della comunità verso di lui. Davvero per Paolo l’amore di Gesù e l’amore per la Chiesa è tutto.

        Alcune domande:

 

  • Cosa può significare per noi lo scontro che S. Paolo ha con i cristiani Ebrei osservanti? (Ad esempio quando in concreto mettiamo la nostra salvezza più nei soldi, nella salute, nella posizione sociale, che nell’adesione a Gesù?)
  • L’invito alla gioia e a rallegrarsi nel Signore: com’è il clima delle nostre comunità, più verso la gioia e la speranza o verso la delusione?
  • Paolo invita ad andare d’accordo, avere come occasione e anche motivo d’incontro la ricerca del bene, del bello, del Signore: verifichiamo lo stile di vita della nostra comunità, cosa possiamo fare di più?

                        Buona preghiera

                                                                                                              Don Alberto

Cossato,  21  Novembre     2017