Insegnamento Cellule n° 17 Novembre 2017

 ”Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù …”   (Fl. 2,5)

Carissimi/e,

leggeremo insieme la Lettera ai Filippesi, lasciandoci guidare dall’insegnamento di Paolo. Filippi è una città della Grecia settentrionale fondata nel 356 a.c. dal re macedone Filippo II.   Ai  tempi di Paolo era sotto l’influenza romana, elevata al rango di colonia dell’impero.  In essa  era presente una piccola comunità giudaica,  che non poteva permettersi però una sinagoga e si radunava quindi fuori dalla città lungo il fiume. Fu proprio in occasione di una di queste assemblea che ebbe inizio l’opera evangelizzatrice dell’ Apostolo.  Tra le prime convertite ci fu Lidia (commerciante di porpora) che con la sua famiglia diede ospitalità a Paolo nella propria casa. Nonostante il successo iniziale,  la permanenza a Filippi di Paolo fu tutt’altro che pacifica. Condotto davanti ad un magistrato con l’accusa di essere sobillatore fu prima fustigato ed incarcerato e poi invitato a lasciare la città. (Cf. atti 16, 13-15).  La pur breve permanenza in città non ha impedito che tra Paolo e i filippesi convertiti,  si instaurasse un rapporto di reciproca stima ed affetto. Filippi è una delle comunità umanamente più vicine a Paolo che lo sostiene  anche nelle sue necessità personali.  La lettera non ha uno sviluppo logicamente ordinato ma segue l’ onda  dei sentimenti:  Paolo è in prigione, forse ad Efeso, in attesa del giudizio, che potrebbe essere di condanna a morte.  Siamo circa nell’anno 55 d.c., tuttavia il tono della lettera è gioioso e fiducioso.

Ma prendiamo il testo  e leggiamo i cap. 1 e 2.

                              “Rendo grazie al mio Dio ….” (v. 1,3 seg.)

Nonostante le difficoltà esterne ed interne alla comunità cristiana il motivo dominante è quello del ringraziamento a Dio per il dono del Vangelo e perché esso è stato accolto da questa piccola comunità di Filippi; c’è  desidero e la speranza che il seme del Vangelo cresca “perché possiate… essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo” (v.10).  Si nota anche l’affetto umano che Paolo nutre per questa comunità che pur essendo piccola è riconoscente verso l’ Apostolo e lo sostiene nelle sue necessità. Il  Vangelo crea legami anche affettivi molto profondi di solidarietà di amicizia, di fraternità, rapporti spirituali ma anche profondamente umani.

                               “Desidero che sappiate fratelli  ….” (v. 1,13)

Paolo descrive la sua situazione oggettivamente molto difficile e pericolosa, può ricevere la condanna a morte, ma lui ne coglie soprattutto gli aspetti positivi ed Evangelici. Grazie a lui nel palazzo del pretorio si parla molto del messaggio cristiano e la sua incarcerazione ha fatto si che dei cristiani timidi prendessero il coraggio di annunciare il Signore Gesù “senza timore”. C’è anche qualcuno che predica “Cristo con spirito di rivalità”, con intenzioni non rette, ma anche verso questi Paolo ha uno sguardo positivo “che importa? Purché in ogni maniera Cristo venga annunziato, io me ne rallegro”

                                “Per me il vivere è Cristo ….” (v. 21)

Bellissima espressione! Esprime l’adesione totale di Paolo a Gesù, il dono pieno della sua vita, un’amicizia profonda che lo guida in ogni momento. Questa espressione dovrebbe essere di ogni cristiano. Paolo poi dice  la sua indifferenza rispetto alla morte, preferirebbe anzi “lasciare questa vita per essere con Cristo” ma è disposto a vivere per il  servizio del Vangelo se questo può servire ai fratelli. Notiamo  come un oggettivo impedimento all’attività apostolica come l’essere in prigionia, nelle mani del Signore,  diventa una occasione per diffondere il Vangelo e non solo nelle circostanze e nel tempo di Paolo ma dovunque nella Chiesa viene letta questa lettera. Ciò che è limite ed impedimento Dio lo può trasformare in strumento di grazia e di fecondità al di là di ogni nostra immaginazione.

                         “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo ….” (v. 5)

Paolo invita a vivere con intensità la comunione cristiana con sentimenti di amore e di compassione. Invita a purificare le intenzioni e le motivazioni da ogni “rivalità e vana gloria” e a  mettersi al servizio gli uni gli altri con umiltà, considerando gli altri superiori a se stessi  e a ricercare il vero bene di tutti. Per sostenere questa esortazione pone come fondamento teologico l’esempio di Cristo e  riporta (v.6-11) un inno cristologico tra i più belli di tutti i tempi, probabilmente già in uso nelle assemblee liturgiche domestiche dei primi cristiani. In questo inno viene affermata la divinità di Cristo, il suo svuotarsi completamente nell’incarnazione e poi fino alla morte di croce e il suo essere posto da Dio Padre al di sopra di ogni cosa, come centro e sintesi di tutto l’universo.  Nella  liturgia di vespro questo inno viene pregato  ed è davvero una sintesi di tutta la storia della creazione e della sua salvezza.

Non ho nessuno che condivida come lui i miei sentimenti…” (v. 20)                        

Paolo parla poi di Timoteo e di Epafrodito come suoi collaboratori stretti e molto cari ma accenna anche a molti che in realtà “cercano i propri interessi non quelli di Gesù Cristo”. Da queste frasi emerge uno spaccato delle comunità cristiane che è molto simile al nostro, dove c’è qualcuno davvero straordinario che si impegna moltissimo,  altri piuttosto tiepidi e anche qualcuno che opera per i propri interessi personali. Notare questo è importante perché così vediamo come il Vangelo si diffonde e cresce in un contesto di vita  normale dove c’è dentro un po’ di tutto e le comunità di Paolo sono tra le comunità che hanno dato vita al cristianesimo. Vediamo come la forza del Vangelo  non dipende  da situazioni straordinarie e ideali  ma si esprime  in contesti quotidiani, proprio uguali a quelli in cui noi siamo inseriti.

Alcune domande:

 

  • Paolo si raccomanda di curare le relazioni all’interno della comunità che siano improntate all’amore reciproco, all’attenzione, all’umiltà, al servizio. Chiediamoci allora qual è la cura , l’attenzione e l’impegno che mettiamo nel migliorare le nostre relazioni nella comunità?
  • Per me vivere è Cristo ! In quale misura condivido questa espressione di Paolo e cosa può significare per me?
  • Paolo legge in modo positivo realtà negative (la prigionia e l’ impossibilità di annunciare il Vangelo).  Come io riesco a leggere  in modo positivo alla luce della fede realtà difficili (malattia, difficoltà di relazioni in famiglia, problemi economici…..)?

                        Buona preghiera

                                                                                                               Don Alberto

Cossato,  7 Novembre     2017