Insegnamento Cellule n° 16 Dicembre 2018

CHE COSA DOBBIAMO FARE”  (Lc. 3,10)

 

Carissimi/e,

che cosa devo fare per Natale? Senz’altro è una domanda che vi state ponendo, cosa fare per il pranzo, cosa comperare per i regali, ecc… Questa sera rivolgeremo la domanda a Giovanni Battista.  Giovanni è una figura importante dell’ Avvento di Gesù e può aiutare anche noi a preparare  bene al Natale. Accogliamo insieme anche l’invito di San Paolo a essere “lieti nel Signore” e  a rallegrarsi sempre (vedi seconda lettura, terza Domenica Fil. 4,4-7) non perché tutte le cose vadano bene ma perché il Signore è vicino a noi e ci conduce e  ci vuole infinitamente bene. Paolo aggiunge anche che da questa gioia deve scaturire un’amabilità nelle nostre relazioni, una gentilezza nel tratto che deve essere nota a tutti. La gentilezza non è solo buona educazione ma atteggiamento di delicato  rispetto nei confronti degli altri, è una conseguenza dell’amore di Dio che abita nel cuore.

Prendiamo allora il brano di Vangelo di Luca 3,10-18 che verrà proclamato domenica 16 dicembre e leggiamolo attentamente.

Che cosa  dobbiamo fare? (Lc 3,10)

Ai tempi del Battista c’era una grande attesa del Messia e molti pensavano che bisognasse cambiare, che non si potesse più continuare a vivere in modo così lontano dalla legge del Signore, era necessario tornare a Dio. Alcuni si sentivano messi in discussione dalla predicazione del Battista e andavano da lui con una domanda decisiva: che cosa dobbiamo fare?                  Questo interrogativo è di perenne attualità. L’imminenza del giudizio di Dio, evocato dal Battista, non è caratteristica solo di quel tempo (o della fine dei tempi), ma ogni momento della nostra storia è sotto il giudizio di Dio. Con Gesù, questo giudizio assume il significato di salvezza e  diventa la luce che guida i nostri passi e ci indica che cosa dobbiamo fare. La risposta di Giovanni Battista è di grande semplicità e spinge verso il concreto ed il quotidiano e si adatta alle diverse situazioni particolari delle categorie di persone che ha di fronte. Scendere nel concreto della vita è quello che ciascuno di noi deve fare.  Giovanni Battista, non invita la gente che veniva da lui,  appartenenti un po’ a tutte le categorie sociali, ad andare nel deserto per vivere una vita ascetica e di penitenza come faceva lui. Non incoraggia neanche di andare in pellegrinaggio a Gerusalemme per aspettare il Messia nel tempio. Il modo migliore per preparare la via a Dio è semplicemente impegnarsi per una società più solidale e fraterna; Giovanni vuole che si incominci da subito e da se stessi, in modo molto concreto.  Non è vero che non ci sia niente da fare, l’uomo pure in condizioni di difficoltà e di crisi può sempre agire in un senso di cambiamento in positivo e a portata di mano. C’è una possibilità di migliorare offerta persino ai pubblicani ed ai soldati, categorie ritenute “impure” perché  il loro comportamento era normalmente improntato alla violenza ed al sopruso. A loro non chiede di cambiare mestiere, richiesta che sarebbe per i più impraticabile, ma più semplicemente raccomanda di non lasciarsi corrompere e di non approfittare della propria posizione; ai soldati raccomanda di non rapinare ma di accontentarsi delle loro paghe. Vediamo qui i tratti di un maestro spirituale che chiede cambiamenti concreti ma nello stesso tempo possibili e graduali. Accogliere il Signore è un cammino spirituale di purificazione che per lo più richiede tempo e decisa volontà che però si esprime non sempre in rovesciamento totale della propria situazione ma in un procedere a piccoli passi.

Chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha … ” (v. 11)

<<La cosa più decisiva è aprire il nostro cuore a Dio, guardando con attenzione alle necessità dei sofferenti. Il Battista riassume la sua risposta con una formula geniale nella sua semplicità e verità: “chi ha due tuniche ne dia a chi non ne ha, e chi ha da magiare faccia altrettanto ”… Non è facile ascoltare queste parole senza avvertire un certo disagio. C’è bisogno di coraggio per accoglierle. C’è bisogno di tempo per lasciarci mettere in discussione. Sono parole che fanno soffrire, qui si rivela la verità della nostra solidarietà, qui svanisce il nostro sentimentalismo religioso. Che cosa possiamo fare? Semplicemente condividere ciò che abbiamo con quanti  hanno bisogno. Molte delle nostre discussioni sociali e politiche, molte delle nostre proteste e grida, che spesso ci dispensano da un comportamento più responsabile, si riducono subito ad una domanda molto semplice: avremo il coraggio di condividere quanto è nostro con i bisognosi? Ingenuamente crediamo quasi sempre che la nostra società sarebbe più giusta ed umana se cambiassero gli altri,  se cambiassero le strutture sociali e politiche che ci impediscono di essere più umani. E tuttavia le semplici parole del Battista ci obbligano a pensare che la radice delle ingiustizie si trova anche in noi. Le strutture riflettono molto bene lo spirito che anima quasi tutti. Riproducono con fedeltà l’ambizione, l’egoismo e la brama di possesso che sono  in ognuno di noi>>*.

Giovanni rispose a tutti … ” (v. 18)

Accorgendosi che la gente si chiede se non sia proprio lui il Messia, il Battista distoglie immediatamente l’attenzione da sé per dirigerla verso un altro, il più forte, che battezzerà nello Spirito Santo e nel fuoco. Il Battista è immagine della Chiesa,  proprio perché la sua missione è stata quella di indicare Gesù come Messia, una freccia in direzione di Cristo, rifiutando che l’attenzione della gente si posasse su di lui. Proprio quello che la Chiesa deve fare: indicare Gesù presente, aprire la strada al Cristo. E’ da Lui che il popolo otterrà la capacità di agire e di cambiare. Il “più forte”, occorre però capire quale tipo di forza verrà messa in campo per il regno di Dio: una prima risposta viene data dal testo che parla dello Spirito Santo che opera nel Messia. Lo Spirito Santo lo si può definire in questo contesto come l’azione diretta di Dio nel cuore dell’uomo, che ci modella ad immagine di Gesù,  la forza del Messia è la stessa forza dello Spirito di Dio. Allo Spirito Santo le parole del Battista uniscono anche l’elemento del fuoco che in Luca può avere un riferimento alla Pentecoste, alle lingue di fuoco che riempiono la comunità dei discepoli, rendendo in qualche modo visibile il dono dello Spirito. Fuoco, anche in riferimento all’azione purificante e vivificante dello Spirito nel cuore di ogni uomo, rendendolo capace di amare e liberandolo da ogni egoismo.

Con molte altre esortazioni…” (Lc. 18)

Indicazioni concrete per uomini e donne che vogliono prepararsi seriamente a ciò che sta per accadere, indicazioni che portano a vivere in modo nuovo il proprio lavoro, le proprie responsabilità, senza cedere alla tentazione di prevaricare, di sottrarsi ai propri doveri, di ledere le regole della giustizia. La figura di Giovanni ci aiuta a togliere il Natale dalla sfera dorata della dolcezza delle musiche e dei regali e a porci di fronte a Dio che viene a noi e ci chiede di accogliere le esigenze del Suo Regno, esigenze di fraternità, di condivisione. A Natale non siamo di fronte ad una religione rifugio e conforto, ma di impegno e concretezza. Il dono di Dio del suo amore implica a nostra volta di essere disposti ad amare.

       Alcune domande

– Come prepararsi bene a vivere il Natale? In questo Natale cosa il Signore chiede in particolare     

  a me ? Qual è il passo in più che “Giovanni” mi invita a fare?

    – Quali sono i gesti di solidarietà e di condivisione che possiamo attuare ?  Che

     cosa possiamo condividere a Natale ?

 –  A Natale celebriamo l’Amore di Dio che si fa uomo per noi.  Ho programmato dei tempi di

    Preghiera, di contemplazione, di ascolto silenzioso di quest’Amore ? Ecc…

    Vi auguro buon Avvento e buon Natale!

Buona preghiera!         

                                                                                            Don Alberto

Cossato, 11  Dicembre  2018

 

 

*La via aperta da Gesù, Vangelo di Luca di Jose Antonio Pagola ed. Borla pag. 42-44