Insegnamento Cellule n° 14 Settembre 2017

 ”Uscito ancora verso le cinque…”   (Mt. 20,6)

 

Carissimi/e,

questa sera affrontiamo ancora per una volta il Vangelo della domenica, la xxv del T.O. Questa pagina di Matteo, che in modo istintivo ci può creare disappunto e non condivisione con la logica con il quale il padrone ricompensa i lavoratori, ci aiuta invece ad aprirci al mistero della bontà di Dio e a fare verità su noi stessi.  E’ dunque importante leggerla all’ inizio  del  percorso che quest’anno  faremo, perché  ci mette nell’atteggiamento giusto nei confronti di Dio:  quello di lasciarci stupire, quello di mettere in discussione le nostre categorie mentali, i nostri giudizi e ci apre  al mistero della bontà di Dio. Davvero come dice  Isaia “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie –  Oracolo del Signore”   Is.55,8 (1° lettura)

 Prendiamo il testo e leggiamolo attentamente.  Matteo 20,1-16

                       “Il Regno dei cieli è simile a un padrone di casa ….” (v. 1)

Era probabilmente autunno quando Gesù predicava e nei villaggi di Galilea si faceva vendemmia;  si vedevano nelle piazze al mattino presto quanti non avevano terra propria in attesa di essere presi per guadagnare il sostentamento del  giorno dopo. Allora i proprietari delle vigne andavano in piazza  e pattuivano con i braccianti il prezzo del lavoro di una giornata e poi in vigna a lavorare tutto il giorno. Un denaro per un giorno era un prezzo alto, davvero quel padrone pagava bene! Fino qui siamo nell’ordine logico  e naturale delle relazioni tra operai e padrone.

                                “Uscito ancora verso le cinque ….” (v. 6)

Qui siamo fuori dall’ordine naturale, nessun padrone usciva all’ultima ora di lavoro per assume ancora operai per il giorno stesso (senza contare che era già uscito alle nove, a mezzogiorno  e verso le tre per assumere gente). Da questo punto il padrone non è solo una immagine ma quasi una controfigura di Dio, un Dio innamorato dell’uomo che esce a tutte le ore e va in tutte le piazze per chiamarlo a costruire con lui, che cerca gli uomini e le donne anche se si è fatto molto tardi, un Dio che è misericordia,  che al posto di rimproverare e castigare invita ancora, invita sempre a venire nella sua vigna.

                               “Chiami i lavoratori e dai loro la paga  ….” (v. 8)

Istintivamente si è solidali con gli operai della prima ora: non è giusto dare la medesima paga a chi lavora molto e a chi lavora poco. Non è giusto se al centro di tutto metto il denaro. Ma, se mi lascio provocare da questa parabola, se al centro non metto il denaro ma l’uomo, non la produttività ma la persona,  se metto al centro l’uomo concreto, quei braccianti senza terra, disoccupati, con i figli che hanno fame che aspettano la paga per far tacere la fame, allora non posso mormorare contro chi intende assicurare la vita d’altri oltre la mia. La parabola invita  a condividere  lo sguardo di Dio: se un operaio dell’ultima ora lo guardo con bontà, se lo vedo come un amico, se lo guardo come un fratello e non un rivale, allora gioisco con lui della paga piena e non mi sento defraudato, ma mi rallegro e faccio festa con il mio fratello perché siamo entrambi ricompensati.

                             “Mormoravano contro il padrone….” (v. 11)

La bontà del padrone  impietosamente svela la grettezza del nostro cuore che si sente impoverito se altri ricevono quanto me, umiliato se altri sono resi uguali a me perché penso di meritare di più, di essere superiore, e  mi sento defraudato se altri hanno avuto più di me. Il “ Regno” rovescia le posizioni capovolgendo la gerarchia dei valori che l’uomo si è costruito e ci fa intuire il metro di Dio che preferisce gli ultimi ai primi, i peccatori alle persone “perbene” ma presuntuose, gli umili ai sapienti.

                              “Io voglio dare a quest’ultimo quanto a te …” (v.14)

C’è però anche dell’altro, gli operai della prima ora si lamentano perché sono convinti nel loro intimo che lavorare nella vigna sia una fatica e basta, non una fortuna ed una gioia. E così si lamentano e reclamano la differenza. La loro lamentela mostra che non hanno capito http:\\/\\/parrocchiasperanza.blog\\/wpa del Vangelo; essi sono l’immagine dei fedeli osservanti che non hanno compreso che servire Dio è già in se stesso una grande ricompensa. Sono i cristiani della bilancia che applicano a Dio lo schema dei comportamenti umani, tanto di lavoro, tanto di paga.  Non si comprende che potere lavorare per il Signore è stata una fortuna, una grazia, quasi un debito nei confronti di Dio, non un credito.

Lo sguardo dell’agire di Dio poi è quello largo della bontà, non quello ristretto del tanto-quanto. Il Dio del Vangelo non è senza la giustizia, ma non si lascia imprigionare dallo spazio ristretto della proporzionalità. L’essere stati oziosi sulla piazza senza concludere niente, a volte può essere una mancanza di buona volontà, a volte può essere una situazione entro la quale ci troviamo vivere senza esserne la causa. Sia nei confronti di chi sbaglia, sia  nei confronti di chi si trova,  non per sua scelta alla periferia, Dio gli  viene incontro con le braccia allargate , ciò che per Lui davvero importa è la loro persona, la sua salvezza, la sua felicità.

In fine fuori dalla parabola c’è da dire che la ricompensa è uguale per tutti, perché è il massimo che Dio può dare, cioè tutto se stesso. La ricompensa finale non è qualche cosa anche se molto grande ma è per tutti la realtà di Dio ed  è così grande questa ricompensa che è fuori da ogni logica di misura e di merito.

L’ultima ora può poi rappresentare la stagione ultima della nostra vita, cioè, l’anzianità. Dio ci invita a lavorare per Lui anche nell’ultima ora, anche se siamo anziani, con poche forze e possibilità, più che le nostre capacità, Dio guarda il cuore e per ogni tempo c’è un lavoro particolare, un compito che Dio ci affida, anche se pensiamo di non potere fare più http:\\/\\/parrocchiasperanza.blog\\/wpa. Questo compito lo scopriamo nella nostra relazione con Dio, quando con umiltà ci rendiamo pienamente disponibili al suo progetto di amore.

Alcune domande:

 

  • Mi sento tra i primi o tra gli ultimi arrivati nella vigna? Che cosa ne penso del comportamento di questo padrone, così strano?
  • Sento più la gioia e la soddisfazione del comportarmi bene e del servizio o piuttosto la fatica e lo sconforto per quello che ricevo  in cambio?
  • Nel mio piccolo e nelle cose che dipendono da me applico più la logica del dare-avere o quello dell’amore delle persone che ci fa superare gli stretti rapporti di giustizia?
  • Quali sono le vocazioni ed i servizi che il Signore può chiedere a chi è anziano e magari con poca salute?
  • Scopriamo le chiamate al lavoro delle ore cinque.

                                 Buona preghiera

                                                                         Don Alberto

Cossato,  26  Settembre    2017