Insegnamento Cellule n° 11 Settembre 2016

  Mi è stata usata misericordia   (1Tm 1,13)

Carissimi/e,

iniziamo con quest’anno sociale i nostri incontri avendo come riferimento alcune delle lettere che S. Paolo scrisse alle comunità cristiane dei primi tempi. Comunità dove la maggior parte dei membri era di origine pagana ed erano state fondate dallo stesso Paolo. Queste comunità non erano  per lo più grandi, ma piccoli gruppi di persone che vivevano nelle città più significative dell’Impero Romano, collocate tra Roma, Grecia e l’attuale Turchia. Inizieremo questa sera partendo dal brano che abbiamo letto domenica scorsa (24 ª T.O.)  nella seconda lettura dove Paolo   scrivendo alla comunità presieduta da Timoteo, parla della sua conversione e della misericordia che  Dio gli ha usato.

Chi era Paolo? Dei genitori non abbiamo i nomi ma sono ebrei osservanti che vivono nella città di Tarso, da loro  riceve un doppio nome, Saulo e Paolo. Il primo rinvia al re Saul, il secondo è di origine latina, abbastanza diffuso in epoca imperiale. Oltre all’appartenenza alla tribù di Beniamino, Paolo eredita dalla famiglia la cittadinanza romana, segno questo cha la sua famiglia era benestante.   Durante l’adolescenza Paolo è inviato a Gerusalemme dove riceve la formazione farisaica ai piedi di un importante maestro rabbinico,  Gamaliele il Vecchio ed in questo periodo partecipa alla lapidazione di Stefano. Di mestiere è fabbricante di tende, un artigianato abbastanza redditizio. La maggior parte degli esegeti ritiene che Paolo non fosse sposato. Durante il periodo della sua permanenza nel giudaismo farisaico Paolo cerca di contrastare gli sviluppi dell’iniziale movimento cristiano ma quando ormai è più che trentenne incontra il  “Risorto” sulla strada di Damasco. Avvenimento centrale nella vita di Paolo che cambia radicalmente il suo corso.  Dopo un periodo di silenzio trascorso in patria, in cui ripensa tutta la sua formazione alla luce del messaggio cristiano e dell’esperienza viva del Cristo Risorto è cercato da Barnaba per essere accolto nella Comunità Cristiana  di Antiochia in Siria e con lui iniziare il primo viaggio missionario. Dopo quattordici anni dall’incontro di Damasco circa tra il 46 e il 49 d.c. va a Gerusalemme per incontrare Pietro, Giacomo e Giovanni e verificare con loro la sua predicazione tra i pagani. All’inizio della pace Neroniana (54 a.c.) Paolo intraprende l’ultimo viaggio missionario e ritornato  a Gerusalemme viene arrestato per opera dei Giudei che lo vogliono morto. A Cesarea Marittima, Paolo resta in prigione per un biennio e alla fine degli anni 50 è tradotto a Roma e vi giunge negli anni 60. Per un biennio è costretto agli arresti domiciliari, condizione però che gli permette di scrivere ed annunciare il Vangelo. A questo punto la cronologia su Paolo si interrompe per lasciare il posto alla duplice tradizione che lo vede martirizzato intorno al 62-63 d.c. o predicatore in Spagna per essere ricondotto a Roma ed essere decapitato sotto Nerone intorno alla metà degli anni 60.

 

Prendiamo allora il testo della prima lettera di S. Paolo apostolo a Timoteo capitolo 1 versetti 1-17       

 

Rendo grazie a colui che mi ha reso forte …  (v. 12 seg.)

Paolo parla della sua relazione  con Gesù ed in modo particolare all’incontro con Lui  sulla strada di Damasco. Quest’incontro ha implicato un cambiamento profondo nel suo atteggiamento nei confronti di Dio. Non si può parlare in modo proprio di conversione perché Paolo già viveva una vita orientata al Signore nel rispetto rigoroso della legge ebraica;  si tratta invece dell’accoglienza piena della parola di Dio che si è manifestata in Gesù sotto il segno della croce. Paolo da ebreo zelante combatteva la neo setta dei cristiani, perché fedele alla tradizione ebraica ed alla legge non poteva accettare la rivelazione di Dio operata in Gesù di Nazareth. E’ Gesù stesso che gli tocca il cuore.  Paolo passa allora da una religione fatta di idee, di norme, di tradizioni, dove lui è protagonista e difensore ad accogliere la rivelazione di Dio data in  dono e che gli cambia in profondità la sua stessa idea di Dio. Questa esperienza è  posta  al centro della  vita di Paolo che da allora si lascia guidare dallo Spirito nel servire  Cristo tra le popolazioni pagane. Egli è pieno di  gratitudine per la bontà di Dio nei suoi confronti e per la fiducia che gli è stata accordata.

 

Prima ero un bestemmiatore, un persecutore ed un violento  ….” (v. 13)

Letto dall’esterno questo suo giudizio pare eccessivo, Paolo era un Ebreo osservante, giovane ed intransigente, molto attivo nel difendere la tradizione ricevuta.. perché allora bestemmiatore e persecutore?  Lui stesso dice, agivo per ignoranza, lontano dalla fede… Certo, si può essere religiosi lontani dalla fede, quando il nostro cuore non è aperto al Signore, quando vogliamo affermare la nostra persona usando anche  principi assoluti,  giusti, ma che utilizziamo ai nostri scopi. Atteggiamento  questo non di vera  umiltà di fronte al Signore. Si può essere religiosi osservanti e contemporaneamente  violenti, quando nel cuore non c’è vera apertura al Signore e non c’è amore verso le sue creature. Gesù stesso ha più volte evidenziato questa contraddizione.

 

La grazia del Signore nostro ha sovrabbondato  ….” (v. 14 )

La riconoscenza di Paolo è piena, non è lui che ha incontrato il Signore ma è il Signore che gli è andato incontro. Non è lui che è cambiato diventando protagonista del nuovo messaggio ma è il Signore Gesù che lo ha guidato e lui nella fede e nell’amore  si è lasciato condurre. Grazia significa “amore gratuito” e Paolo passa da un atteggiamento ideologico su Dio ad una relazione personale dove è ben cosciente che è Dio ad agire.

 

Cristo è venuto nel mondo per salvare i peccatori ….” (v. 15)

E’ l’affermazione centrale della fede di Paolo,  Dio è venuto in Gesù in mezzo a noi per salvare i peccatori e tutti siamo peccatori, ebrei e pagani;  è venuto per liberarci dal male e dei limiti che distruggono  la nostra vita e questo per pura grazia, per puro amore perché Dio è misericordioso e Paolo stesso ne è il primo testimone. Come spiegherà più ampiamente nella lettera ai romani la reazione di Dio al peccato di Adamo è quella di un nuovo progetto di salvezza sull’umanità che arricchisce immensamente l’essere umano. Salvezza significa che attraverso Gesù, Dio da a tutti noi la possibilità di una vita nuova, libera dall’egoismo capace di amore autentico che non può essere distrutta da nessuno dei mali presenti e che vincerà anche la morte attraverso la partecipazione alla risurrezione di Cristo. Il messaggio è universale e  Paolo afferma di esserne  umile testimone ed un esempio  particolare di misericordia.

Svilupperemo in seguito le conseguenze che questa vita nuova donata da Gesù ha nelle comunità cristiane.

 

Alcune domande:

  • Qual è la tua conoscenza di S. Paolo e delle sue lettere?
  • Qual è la tua esperienza di Gesù   e come influisce nella vita di comunità?

 

 

Don Alberto

Cossato,   13 Settembre  2016

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