Insegnamento Cellule 12 Settembre 2016

  Alla Chiesa di Dio che è a Corinto   (1Cor 1,2)

Carissimi/e,

 

iniziamo il nostro cammino con San Paolo partendo dalla prima lettera ai Corinzi. Scritta verso il 55,  quattro o cinque anni dopo che Paolo aveva predicato in quella città (confronta Atti 18), essa tratta di problemi contingenti, questione di vita comunitaria che stanno creando tensioni: Paolo affronta le questioni una per una senza che ci sia una successione preordinata. Chiave di lettura è che ogni soluzione è prospettata a partire dalla relazione con Cristo, potenza e sapienza di Dio.  In particolare questa lettera contiene il più antico racconto della cena del Signore, l’attestazione della prima tradizione cristiana sulle apparizioni del Risorto e del celebre inno all’amore cristiano. Le Chiese paoline (e quella di Corinto è una di questa), sono comunità domestiche dislocate nelle città imperiali e non sono regolate da alcuna Chiesa centrale. In occasione delle assemblee erano utilizzate le abitazioni dei credenti più agiati: artigiani e commercianti. Fino ad oggi non sono pervenute testimonianze su adesioni alle comunità paoline di senatori e di nobili.                    Le abitazioni dei benestanti più utilizzate potevano ospitare al massimo una ventina di persone  compresi i bambini. In occasione della frazione del pane e della condivisione della mensa erano impiegati nel contempo la sala da pranzo e lo spazio d’ingresso. Comunità quindi non molto dissimile dalle nostre cellule, quindi più vicine a noi che alla struttura parrocchiale attraverso la quale oggi la chiesa vive. Sentiamoci allora anche noi partecipi della dinamica ecclesiale di queste comunità e sentiamo rivolti a noi gli insegnamenti di San Paolo…

Prendiamo allora il testo della prima lettera ai Corinti e leggiamo il capitolo 1 e il capitolo 2.        

 

Paolo, chiamato ad essere apostolo di Cristo… (v. 1 seg.)

Come accennato sopra, Paolo scrive per correggere alcuni aspetti della vita della comunità. Dall’insieme emerge una comunità davvero con dei seri problemi ma nonostante questo Paolo sottolinea che siamo dei chiamati, Lui è stato chiamato ad essere apostolo di Cristo e i cristiani  sono chiamati ad essere santi e sono stati santificati in Cristo Gesù. E’ l’aspetto centrale dell’essere cristiani. Per grazia, cioè per amore gratuito siamo chiamati a partecipare alla santità di Dio cioè al suo modo di essere al suo modo di amare. Questo non vuol dire che non abbiamo limiti da correggere, peccati da farci perdonare, lati oscuri da cui uscire ma siamo chiamati alla santità, cioè ad amare come Dio ama.  Questo è un miracolo,  per cui  “rendo  grazie continuamente  al mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che mi è stata data in Cristo Gesù, perché in Lui siete stati arricchiti di tutti i doni” (v. 4-5). E la nostra meta è quella di diventare “irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo” Tutti noi “siamo dei chiamati alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo Signore nostro” (v.9) .

Mi pare molto bella questa introduzione di Paolo, il quale prima di ogni ammonimento ed esortazione sottolinea l’aspetto essenziale dell’ essere cristiani:  chiamati per grazia a vivere in comunione con Dio attraverso Gesù.

Ci possono essere molti difetti nelle nostre cellule o comunità parrocchiali ma ciò è secondario rispetto all’essere stati chiamati da Dio alla vita cristiana. Tutti noi siamo quello che siamo ma camminiamo verso un grande destino, quello di rispecchiare la bontà di Dio.

 

Vi esorto fratelli, … ad essere tutti unanimi…” (v. 10)

Il motivo principale  che spinge Paolo a scrivere questa lettera è il rischio della divisione, il rischio di lasciarsi andare alla logica distruttiva del protagonismo ecclesiale, usando per dividere  addirittura i doni con i quali la Chiesa di Corinto era stata arricchita dal Signore. La notizia arriva a Paolo che si trova ad Efeso attraverso i familiari di Cloe, sicuramente persona conosciuta dalla Comunità. Prima di affrontare i problemi che minacciano di frantumare la Comunità, Paolo si preoccupa di affermare i fondamenti della fede cristiana. Alla base della identità cristiana non sta la persona che ha portato l’annuncio della fede o che ha battezzato ma è Gesù Cristo che è uno e non può che creare unità fra coloro che aderiscono alla fede.  L’adesione a Gesù – crocifisso – morto e risorto – rovescia qualsiasi schema di pensiero esclusivamente umano. La sapienza umana viene fortemente urtata dalla sapienza della croce ,“stoltezza per i pagani e scandalo per i giudei”, questa sapienza  è la causa fondante la vita di fede, la salvezza viene dalla “stoltezza della predicazione della croce” (v.1,8).

Questa logica di Dio, logica della “debolezza” in cui si rivela la forza di Dio si può riconoscere persino nella condizione sociale dei Corinti chiamati alla fede “non ci sono tra voi molti sapienti… ne molti potenti, ne molti nobili” (v.1,26).  Questa logica rispecchia molto bene la logica della grazia nella vita di fede:  tutto è dono e nessuno può vantarsi per quello che è o fa,  ma deve usare tutto con gratitudine e per l’edificazione dell’altro.

Ed è proprio vero il sapere di essere stati chiamati gratuitamente dal Signore per amore e non per i meriti o le  virtù che abbiamo ci aiuta a cogliere l’altro come fratello. Avere riconosciuto che quest’amore ha spinto Gesù fino alla debolezza della croce, ci rende capaci di umiltà e di mitezza di fronte a chi è arrogante e superbo. In fine sapere che quest’amore è per tutti  ci dispone all’amore verso tutti  gli altri e  a ricercare le ragioni dell’unità nella chiesa e nei nostri gruppi , scusando  le mancanze e  limiti,  cogliendo il positivo che c’è in tutti per la costruzione di una comunità unita.

Queste cose valgono anche in quella prima comunità che è la famiglia per uscire non divisi ma arricchiti negli inevitabili conflitti. C’è una comune vocazione, quella di crescere nell’amore reciproco e chi è credente fonda questa vocazione proprio nell’amore di Dio. Al di la delle accuse, dei torti e delle sofferenze occorre tenere la barra del timone di quella barca che è la famiglia verso l’unità e la solidarietà reciproca, coscienti che il cammino verso il vero amore passa dalla testimonianza di chi sa sopportare anche i pesi degli altri, guidato dalla croce di Cristo. Si scopriranno allora impensabili ricadute di bene anche quando a prima vista l’antico sogno d’amore che ci ha uniti sembrava essere deteriorato.

 

Alcune domande:

  • Quali sono le somiglianze che vediamo tra le nostre cellule e le chiese domestiche fondate da San Paolo ?
  • Quali sono le divisioni presenti nelle nostre Comunità e da quali cause sono generate ?
  • Le motivazioni di San Paolo per ritrovare l’unità nella Comunità di Corinto valgono anche per noi ?
  • Parliamo della Festa della Comunità di domenica prossima .

 

Don Alberto

Cossato,   27 Settembre  2016

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *